Contenzioso

Illegittima la sospensione del dipendente non vaccinato se esistono posizioni lavorative alternative all’interno dell’azienda

di Francesco d'Amora e Giuseppe Fera

Il Tribunale di Milano, Sezione di Lavoro, con la decisione n. 2135 del 16 settembre 2021, si è pronunciato sulla (il)legittimità di un provvedimento di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione di un ausiliare socioassistenziale, dipendente da una cooperativa e operante presso una residenza sanitaria assistenziale, in ragione del suo rifiuto di sottoporsi alla vaccinazione anti Covid-19.

La sospensione era iniziata in data 9 febbraio 2021 ed è stata prorogata fino al 31 dicembre 2021, per tutta la durata dello stato d'emergenza. Il datore di lavoro ha giustificato la sospensione sulla base dell'obbligo, posto dall'articolo 2087 del Codice civile, che impone all'imprenditore l'adozione nell'esercizio dell'impresa delle misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Inoltre, la cooperativa aveva rappresentato alla lavoratrice l'esigenza di tutelare anche la salute degli ospiti della struttura.

Invero, soprattutto nel contesto pandemico, l'obbligo previsto dall'articolo 2087 ha, come ulteriore finalità, quella di garantire la salute e la sicurezza anche dei soggetti terzi che, per diverse ragioni, si trovino all'interno dei locali aziendali, come precisato da una recente ordinanza emessa dal Tribunale di Modena (ordinanza 2467 del 23 luglio) e richiamata dal Tribunale di Milano.

Nonostante le argomentazioni della cooperativa siano condivisibili in punto di diritto, il Tribunale di Milano ha censurato il provvedimento sospensivo sotto un diverso profilo che rappresenta allo stato un unicum interpretativo. Secondo il Giudice, la sospensione ha comportato di fatto un giudizio di inidoneità della lavoratrice allo svolgimento di mansioni che prevedessero il contatto con soggetti fragili e, quindi, la possibile diffusione del contagio da Covid-19. Alla luce di ciò, il provvedimento sospensivo deve intendersi come atto di extrema ratio che comporta l'onere del datore di lavoro di verificare, preventivamente, se vi siano mansioni alternative assegnabili al dipendente e compatibili con le esigenze di tutela della salute e sicurezza all'interno dei locali aziendali. Onere al quale la cooperativa non ha assolto, né con la lettera di comunicazione della sospensione, né con la difesa in giudizio.

Nella sentenza, inoltre, viene precisato che l'illegittimità del provvedimento non è venuta meno neppure con l'entrata in vigore, il 1° aprile 2021, dell'obbligo vaccinale per le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, previsto dal Dl 44/2021. Infatti l'articolo 4 del decreto prevede una specifica procedura per la vaccinazione del personale sanitario o per la verifica della sussistenza dei requisiti per l'esenzione dall'obbligo, nonché per l'accertamento dell'inosservanza dello stesso. La suddetta procedura non è stata rispettata dalla cooperativa.

In ogni caso, evidenzia il Giudice, in base al decreto 44/2021, ricevuta la comunicazione di accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale (inviata dall'Ats competente), il datore di lavoro è tenuto ad adibire il lavoratore non vaccinato, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, che non implichino contatti interpersonali o comportino, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Covid-19. La norma, pertanto, confermerebbe la correttezza dell'orientamento interpretativo del Tribunale di Milano.

È opportuno sottolineare che il comportamento della cooperativa è stato censurato solamente in ragione del mancato adempimento all'obbligo di verificare la sussistenza di mansioni alternative alle quali adibire la propria dipendente (e di fornire la prova dell'assolvimento di questa sorta di nuovo obbligo di repêchage). Tuttavia, rimane fermo che il datore di lavoro ha agito correttamente quando ha sospeso la lavoratrice non vaccinata dallo svolgimento delle mansioni che comportavano il rischio di diffusione del contagio da Covid-19. A conferma di ciò, il Giudice ha rigettato la domanda della lavoratrice di essere riassegnata alle mansioni di ausiliare socioassistenziale precedente svolte.Si tratta di una decisione – unica nel panorama nazionale – che apre una breccia interpretativa che sarà oggetto di sicuri sviluppi nel dibattito giurisprudenziale.

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