Contenzioso

Il green pass europeo non limita la libertà di circolazione

di Marina Castellaneta

Il certificato Covid digitale Ue non è una violazione del diritto alla libertà di circolazione. È stata respinta con ordinanza del presidente del Tribunale dell’Unione europea (T-527/21), depositata il 29 ottobre, la richiesta di sospensione dell’esecuzione del regolamento 2021/1953 con il quale il Parlamento e il Consiglio Ue hanno adottato un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione dei certificati. Il presidente del Tribunale non ha concesso i provvedimenti cautelari richiesti da alcuni cittadini italiani che puntavano alla sospensione dell’esecuzione del regolamento, in attesa della pronuncia sull’istanza di annullamento.

Secondo i ricorrenti, il regolamento avrebbe leso i loro diritti fondamentali e sarebbe in contrasto con «qualsiasi norma scientifica»: di conseguenza, il Tribunale Ue avrebbe dovuto agire in via d’urgenza e sospendere l’atto che li priva di una vita sociale normale.

Tesi respinte. Chiarito che il regolamento lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri nell’imporre restrizioni alla libera circolazione per arginare la diffusione della pandemia, nell’ordinanza si precisa che, proprio grazie al certificato digitale, è stata favorita la ripresa della libertà di circolazione, in forza del quadro di fiducia basato su un’infrastruttura a chiave pubblica, con identificativi univoci.

Le misure cautelari, inoltre, sono concesse solo in via eccezionale e solo se è provata la loro utilità per evitare, in via d’urgenza, un danno grave e irreparabile agli interessi del richiedente. I ricorrenti, però, non hanno dimostrato la necessità di una misura provvisoria e non hanno fornito prove circa l’urgenza. «Nessun argomento dei ricorrenti – scrive il presidente – dimostra, prima facie, il carattere manifesto della presunta violazione». Né sono state fornite informazioni precise e concrete, suffragate da documenti, circa le ripercussioni sulla loro situazione finanziaria.

Respinta anche la teoria della violazione della libertà di circolazione e della libertà personale dovuta, secondo i ricorrenti, a trattamenti invasivi contrari alla loro volontà e del diritto al lavoro. Per il Tribunale, infatti, il possesso dei certificati «non costituisce una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione». Nessun elemento, inoltre, è stato fornito per dimostrare che il regolamento abbia causato un peggioramento delle condizioni di spostamento in atto in precedenza. Al contrario, nell’ordinanza si precisa che il regolamento «mira proprio a facilitare l’esercizio del diritto alla libera circolazione all’interno dell’Unione», grazie all’adozione del certificato digitale Ue.

Respinta, quindi, la richiesta cautelare per assenza di prove. Ora bisogna attendere la pronuncia di merito.

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