Contenzioso

Controlli sui bonus Covid: così il professionista può rimediare agli errori

Al via le verifiche delle Entrate sugli aiuti: meglio utilizzare la chance di ravvedimento prima dell’avviso e ridurre il forte impatto di sanzioni piene

di Rosanna Acierno

Controlli in arrivo sugli aiuti Covid richiesti e ottenuti grazie all’assistenza dei professionisti.

Secondo quanto annunciato nelle circolari n. 31/E/2020 e n. 4/E/2021 diramate dall’agenzia delle Entrate, sono partiti dei veri e propri piani di controllo nei confronti dei beneficiari dei numerosi e variegati contributi a fondo perduto e bonus concessi per fronteggiare l’emergenza epidemiologica al fine di verificare, innanzitutto, la sussistenza dei requisiti per fruirne, nonché la correttezza circa la percentuale ottenuta.

Un primo controllo formale è già stato eseguito in occasione della presentazione delle istanze, mentre i controlli sostanziali saranno eseguiti sulla base dei dati riportati nelle dichiarazioni, nelle fatture elettroniche e nei corrispettivi telematici, per verificare il rispetto della condizione di accesso dei ricavi (se prevista), la corretta indicazione della percentuale del contributo spettante in funzione della dimensione del richiedente, la congruità dell’ammontare delle operazioni effettuate nel 2019 e 2020 ed eventuali frodi.

Le modalità

Sebbene la natura tributaria dei contributi e bonus sia dubbia (laddove è evidente che si tratti di aiuti di Stato), per espressa previsione normativa (articolo 25 Dl 34/2020) i controlli saranno effettuati dalle Entrate secondo i poteri e le modalità di controllo stabiliti negli articoli 32 e 33 del Dpr 600/73 e, dunque, mediante accessi, ispezioni e verifiche e mediante inviti a comparire, trasmettere atti e documenti e rispondere a questionari.

In realtà, a ben vedere, oltre ai controlli mirati, in futuro anche le verifiche fiscali ordinarie svolte nei confronti di soggetti beneficiari potrebbero far emergere, ad esempio, ricavi non dichiarati per gli anni 2019 e 2020 e, quindi, modificare i requisiti per la spettanza al contributo a fondo perduto, con il conseguente recupero per intero o per la maggiore percentuale percepita.

Le decisioni dei professionisti

In questo scenario, tutti i professionisti che hanno assistito i propri clienti per la richiesta e per il conseguimento dei bonus, sono chiamati a porre molta attenzione alle prossime decisioni da assumere in merito a un eventuale ravvedimento operoso con riversamento del contributo non spettante e della sanzione del 100% in misura ridotta da 1/9 a 1/5 (senza possibilità di compensazione), alla luce, peraltro, di un regime sanzionatorio molto rigoroso e severo, con sanzioni dal 100% al 200%, non solo in caso di frode, ma anche in caso di errori non dolosi e dei possibili risvolti penali.

L’indebita percezione del contributo a fondo perduto è trattata, infatti, dal legislatore alla stregua di una compensazione di crediti inesistenti.

Pertanto, il recupero dei contributi erogati sulla base di dati non corretti o non veritieri, insieme agli interessi da ritardata iscrizione a ruolo e alle sanzioni dal 100% al 200% dell’importo indebitamente percepito, avverrà con atto di recupero crediti di imposta da notificare, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo all’erogazione e, dunque, entro il 31 dicembre 2028 o 2029. Inoltre, a prescindere da eventuali ricorsi è prevista l’esazione intera del contributo e delle sanzioni e, in caso di accettazione della pretesa, non è comunque ammessa la definizione delle sanzioni al terzo, a prescindere dal fatto che la condotta del contribuente sia stata colposa o dolosa. Una procedura particolarmente rigida che può esporre il professionista a rischio di rivalsa da parte del cliente.

Il fronte penale

In caso di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante è applicabile il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (articolo 316 ter del Codice penale), che arriva a prevedere per chi, utilizzando o presentando dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, o con omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi concessi dallo Stato, da altri enti pubblici o dalla Ue:

1 la reclusione da 6 mesi a 3 anni per importi oltre i 4mila euro;

2 il pagamento di una sanzione pecuniaria da euro 5.164 a euro 25.822 (comunque non superiore al triplo del beneficio conseguito) in caso di contributi indebiti per importi inferiori a 4mila euro.

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