Contenzioso

Compenso del professionista: come si determina in caso di contenzioso?

di Valeria Zeppilli

Cosa accade se un libero professionista non ha concordato l'importo del proprio compenso con il cliente e né gli usi né le tariffe professionali aiutano a determinarlo? Mentre nel lavoro dipendente è ormai pacifica la rilevanza attribuita alla contrattazione collettiva nell'individuazione della giusta retribuzione, nel lavoro autonomo la risposta è più complessa, ma è comunque giunta dalle aule della Corte di cassazione (sezione lavoro, 20 dicembre 2021, n. 40896).

Per i giudici di legittimità, per la determinazione del compenso del professionista occorre fare ricorso agli articoli 1709 e 2225 del codice civile, ovverosia bisogna utilizzare il criterio equitativo e tenere conto della natura, della quantità e della qualità delle prestazioni eseguite, rispetto alle quali il corrispettivo deve essere proporzionato.

Ciò vuol dire, tra le altre cose, che quando un giudice è chiamato a stabilire il compenso di un professionista non è vincolato al rispetto di specifiche normative, non deve riferirsi a particolari parametri e non è tenuto a disporre una consulenza tecnica. Astrattamente, potrebbe anche fare riferimento alle retribuzioni corrisposte nel lavoro subordinato per prestazioni analoghe.

Tuttavia, per poter liquidare il compenso di un professionista in via equitativa a norma degli articoli 1709 e 2225 del codice civile, il giudice deve comunque considerare la natura, la quantità e la qualità dell'attività svolta in favore del cliente/committente oltre che il risultato utile da quest'ultimo conseguito. Di conseguenza, come affermato dalla Corte di cassazione, chi vuole ottenere la determinazione giudiziale del proprio compenso non potrà che vedere rigettata la sua domanda se non fornisce elementi utili a effettuare le predette considerazioni. La possibilità di ricorrere al criterio equitativo, infatti, non può essere considerata uno strumento per esonerare del tutto l'interessato dal fornire un adeguato materiale probatorio a sostegno delle proprie pretese.

Nel caso di specie, in giudizio erano stati però forniti puntuali e adeguati riferimenti al risultato ottenuto dal libero-professionista (medico), in quanto sia il numero di ore lavorato sia il tipo e le modalità delle attività svolte erano incontestati tra le parti. Tali elementi non sono stati tuttavia adeguatamente valutati, con la conseguenza che il giudice del merito è incorso in un error in iudicando censurabile in Cassazione: è stata fatta, infatti, una ricognizione erronea della fattispecie astratta recata dall'articolo 2225 del codice civile, dal quale sono state tratte conseguenze giuridiche, in relazione alla fattispecie concreta, che ne contraddicono la sua corretta interpretazione.

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