Contenzioso

Trasferimenti collettivi equiparati a licenziamenti

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Il trasferimento collettivo dei lavoratori da una sede aziendale in chiusura ad altra sede aziendale geograficamente distante va inquadrato nella fattispecie dei licenziamenti collettivi. Poiché il trasferimento collettivo comporta una sostanziale modifica unilaterale delle condizioni di lavoro cui sono assoggettati i lavoratori, si ricade nella nozione eurocomunitaria di licenziamento collettivo.

Il Tribunale di Napoli è pervenuto a queste conclusioni (ordinanza del 4 gennaio 2022) richiamando un insegnamento della Corte di giustizia, secondo cui il licenziamento collettivo di cui alla Direttiva 98/59/CE (articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a) ricomprende ogni modifica datoriale in senso peggiorativo degli elementi essenziali del contratto di lavoro per ragioni estranee alla persona del lavoratore.

Poiché il trasferimento collettivo implicava il passaggio ad una sede di destinazione distante oltre 600 chilometri (Sestu, in Sardegna) dalla sede di provenienza (Caivano, in Campania) per 23 lavoratori, il giudice di Napoli enfatizza i pregiudizi sul piano della radicale modifica del contesto familiare e sociale e perviene alla conclusione che il trasferimento equivale a un licenziamento collettivo. Il datore di lavoro avrebbe, dunque, dovuto attivare una fase di consultazione preventiva come presupposto di legittimità del provvedimento.

Su queste basi, il giudice di Napoli ha dichiarato l’inefficacia dei provvedimenti di trasferimento della sede di lavoro adottati nei confronti dei lavoratori, i quali erano stati, peraltro, già licenziati dall’impresa per avere rifiutato in blocco il trasferimento.

A ulteriore conforto della propria tesi, il giudice di merito si affida a un recente approdo della giurisprudenza di legittimità, in forza del quale sono assimilabili al licenziamento le interruzioni dei rapporti di lavoro che siano l’esito di modifiche unilaterali in senso peggiorativo delle condizioni di lavoro.

La richiamata giurisprudenza è stata, in realtà, contrastata da una più recente sentenza della Cassazione, a sua volta espressione di un indirizzo radicato. Secondo quest’ultimo orientamento, la nozione di licenziamento utile ai fini della procedura collettiva di riduzione del personale ex articolo 24 della legge 223/1991 è solo il licenziamento in senso stretto, non essendo possibile includere altre ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro, anche se riferibili ad un’iniziativa del datore di lavoro.

Merita osservare che nella vicenda esaminata dal giudice di Napoli alla base del trasferimento collettivo si collocava la decisione di cessare l’attività della sede aziendale campana. È un tema di strettissima attualità, sul quale è intervenuta la legge di Bilancio 2022, prevedendo per le imprese con almeno 250 dipendenti una fase di consultazione con le strutture territoriali e sindacali prima di procedere a 50 o più licenziamenti.

Ma cosa accade se i livelli occupazionali sono inferiori? La pronuncia del Tribunale di Napoli offre una prospettiva, perché crea un precedente insidioso per la gestione delle chiusure aziendali con delocalizzazione in altri ambiti territoriali.

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