Contenzioso

Contribuzione dovuta alla Gestione separata se non si versa a una cassa di previdenza dei professionisti

di Silvano Imbriaci

La Corte costituzionale nella sentenza 104/2022 del 22 aprile esamina la legittimità costituzionale della disciplina relativa all’iscrizione alla gestione separata Inps dei liberi professionisti che, pur essendo iscritti agli albi del proprio ordine professionale, non hanno ottenuto l’iscrizione alla relativa Cassa di previdenza, in quanto percettori di redditi minimi (articolo 2, comma 26, della legge 335/1995 e articolo 18, comma 12, del Dl 98/2011 – norma di interpretazione autentica, secondo cui i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, tenuti all’iscrizione presso l’apposita gestione separata Inps, «sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all’iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti ed ordinamenti».).

Secondo l’Inps, devono ritenersi obbligati a iscriversi alla gestione separata non solo i soggetti che svolgono abitualmente attività di lavoro autonomo il cui esercizio non sia subordinato all’iscrizione ad appositi albi professionali, ma anche i soggetti che, pur svolgendo attività il cui esercizio sia subordinato a tale iscrizione, non hanno tuttavia, per ragioni reddituali, l’obbligo di iscriversi alla cassa di previdenza professionale e restano quindi obbligati al versamento del solo contributo cosiddetto integrativo.

La questione, che ha dato vita a un ricchissimo contenzioso su tutto il territorio nazionale, per quanto riguarda nello specifico gli avvocati comprende le vicende anteriori al 2 febbraio 2013 (data di entrata in vigore del nuovo ordinamento forense, il quale ha fissato la regola secondo cui l’iscrizione agli albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa di previdenza e assistenza forense - articolo 21, comma 8, legge 247/2012).

Sulla questione, la Cassazione è intervenuta più volte, rilevando, quanto al merito dell’obbligo contributivo, che il versamento del contributo cosiddetto integrativo non costituisce elemento idoneo a fondare la copertura contributiva necessaria in relazione allo svolgimento di attività lavorativa e che quindi la copertura contributiva necessaria è data dall’iscrizione alla gestione separata Inps (Corte di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 32167/2018).

Il sospetto di legittimità costituzionale della norma, così come interpretata dall’istituto di previdenza, attiene all’introduzione di un obbligo contributivo in contrasto con la normativa relativa all’iscrizione alla cassa di previdenza forense, con una ripartizione della tutela previdenziale tra i due enti in presenza non di attività distinte ma di una unica. Per questo, viene richiesto l’esame di legittimità costituzionale anche della norma interpretativa, che in realtà sarebbe innovativa in quanto fondante un obbligo di iscrizione per tali professionisti dalla sua entrata in vigore e non per i periodi precedenti, ante 2011.

La Corte costituzionale esamina la questione precisando che la creazione della gestione separata nel nostro ordinamento corrisponde alla necessità di provvedere a un’estensione della tutela assicurativa alle categorie di lavoratori che, in fatto o in diritto, ne sarebbero rimasti privi in base alla normativa esistente. La ratio è quindi quella della universalizzazione delle tutele. In generale, dunque, alla gestione separata sono assoggettati i redditi derivanti da tutte le attività specificamente contemplate da singole norme di legge nonché i redditi riconducibili alle due tipologie contemplate dall’articolo 2, comma 26, della legge 335/1995, e, segnatamente, quelli derivanti da attività libero-professionali svolte in modo abituale, ancorché non esclusivo (o anche da attività libero-professionali svolte in forma occasionale, ove si tratti di redditi superiori a 5mila euro annui), salvo che in relazione a quell’attività non siano già previsti obblighi di contribuzione in favore dell’ente previdenziale della categoria professionale di riferimento.

In quest’ottica non è fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in quanto la normativa attua l’esigenza di estendere l’obbligo assicurativo alle forme di attività lavorativa autonoma e professionale, in modo complementare, per quanto riguarda i professionisti, rispetto alle ipotesi di iscrizione alla cassa previdenziale di appartenenza. Il dettato normativo deve essere letto attraverso la saldatura tra vecchia norma e norma interpretativa, nel quadro di dare concretezza al principio della universalizzazione della tutela previdenziale. Il professionista con reddito (o volume di affari) "sottosoglia" non incorre in un irragionevole obbligo di duplice iscrizione in corrispondenza di un’unica attività, ma è tenuto a iscriversi unicamente alla gestione separata proprio perché non ha l’obbligo (e neppure ha esercitato la facoltà) di iscriversi alla cassa categoriale, cui versa soltanto il contributo integrativo.

Quanto, invece, all’articolo 18, comma 12, del Dl 98/2011, l’introduzione di tale norma, pur autenticamente interpretativa, era intervenuta in una situazione di interpretazione giurisprudenziale assai restrittiva e favorevole alle istanze dei professionisti. Il legislatore, in altre parole, avrebbe dovuto tener conto dell’affidamento ingenerato dalle interpretazioni della giurisprudenza. Per il principio di equità, ritiene dunque la Consulta che non possano essere applicate alle situazioni relative al periodo precedente l’entrata in vigore della norma di interpretazione, le sanzioni civili applicate dall’Inps.

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