Contenzioso

Tenere distinti i ruoli di datore di lavoro e Rspp

di Luigi Caiazza

In materia di sicurezza sul lavoro, il ruolo consultivo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp) deve essere funzionalmente distinto da qualsiasi ruolo decisionale, soprattutto da quello datoriale, perché altrimenti si incrociano posizioni e funzioni con compiti strutturalmente diversi, che devono essere su piani distinti, consultivo l'uno, decisionale l'altro.

È tale il principio espresso dalla Corte di cassazione (sentenza 16562/2022), secondo cui il cumulo dei due diversi ruoli – nel caso non previsto (o non consentito) dalla normativa vigente – depone per una colpevole opacità e disfunzione organizzativa.Su tale convincimento la Corte ha respinto il ricorso avverso la sentenza di condanna, nei due gradi di giudizio di merito, del responsabile di una società, imputato per l'infortunio mortale occorso a un dipendente durante la manutenzione e la pulizia di un macchinario mescolatore a pale.

Nel respingere i vari motivi della difesa, la Corte ha individuato nell'imputato, quale soggetto rappresentante legale della società, la figura del datore di lavoro che ha anche avuto sostanzialmente l'esercizio dei poteri decisionali e di spesa, a nulla rilevando l'esistenza di una delibera che gli attribuiva solo compiti di ordinaria amministrazione escludendo, implicitamente, l'obbligo di curare la sicurezza dei lavoratori. Peraltro, nel caso specifico, le misure mancanti sul piano della sicurezza non richiedevano comunque un impegno straordinario di spesa, ma rientravano nel normale esercizio dei doveri e poteri organizzativi, formativi e di ordinaria vigilanza.

Da aggiungere che il citato atto deliberava, sempre in capo all'imputato, la qualifica di amministratore delegato e rappresentante legale della società, tale da non dubitare che avesse maturato anche quella di datore di lavoro, nonché quella di direttore di stabilimento con ampia capacità di gestione dell'intera azienda.Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che l'esercizio in concreto dei poteri organizzativi datoriali, nel caso concreto coniugati con la titolarità formale di vertice dell'impresa, quale amministratore delegato e rappresentante legale, costituivano pienamente in capo all'imputato la qualifica datoriale.

La considerazione della difesa secondo cui, a suo tempo, l'imputato sia stato definito in sede contrattuale un dirigente, è stata ritenuta rilevante dalla Corte per l'inquadramento mansionale sul piano retributivo e in relazione al proprio rapporto di lavoro con la società, ma certamente non a escludere la figura di datore di lavoro ai fini della sicurezza, che si costituisce sia in ragione di un rapporto contrattuale, comunque venga qualificato, sia in presenza dell'esercizio anche soltanto di fatto dei poteri decisionali e di spesa (articoli 229 e 2, lettera b) del Dlgs 81/2008), a prescindere dal titolo contrattuale che lo ha insediato in quel ruolo.

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