Contenzioso

L’accordo quadro sul lavoro a termine vale anche per i dirigenti

di Valeria Zeppilli

La Corte di cassazione, con la pronuncia 13066/2022, ha chiarito che l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva dell'Unione europea 1999/70/Ce si applica anche nei confronti del personale dirigenziale.

Come ricordato dai giudici, la Corte di giustizia Ue ha in diverse occasioni affermato che nel campo di applicazione dell'accordo rientrano tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell'ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato, a condizione che gli stessi siano legati al datore di lavoro da un contratto o un rapporto regolato dal diritto nazionale.

Sulla base di tale presupposto, se è vero che gli Stati membri hanno la piena discrezionalità nel definire cosa si intenda per "contratto di assunzione" e "rapporto di lavoro", è anche vero, per la Cassazione, che il loro potere discrezionale non può comunque estendersi sino a escludere dal campo di applicazione dell'accordo quadro – e, quindi, dalle tutele dallo stesso apprestate – alcune specifiche categorie di lavoratori.Quindi, sebbene la clausola 2 dell'accordo lasci agli Stati una riserva per quanto attiene l'applicazione dello stesso a talune categorie di contratti o di rapporti di lavoro, si tratta comunque di una riserva che incontra due limiti fondamentali: il rispetto dell'effetto utile perseguito dalla direttiva del 1999 e il rispetto dei principi generali del diritto dell'Unione europea. Il che vuol dire che l'accordo quadro può in effetti essere dichiarato inapplicabile, ma solo se la qualificazione del rapporto cui lo stesso non dovrebbe applicarsi non sia arbitraria (e, quindi, se ci si riferisce a rapporti sostanzialmente differenti da quelli che, per il diritto nazionale, legano tradizionalmente i lavoratori ai datori di lavoro).

È proprio considerando adeguatamente tali principi che si comprende perché il rapporto dirigenziale deve essere fatto rientrare a pieno titolo del campo di applicazione della direttiva: i dirigenti sono legati al datore di lavoro da un rapporto di natura subordinata sotto questo aspetto in tutto e per tutto equiparabile a quello di cui sono titolari gli altri lavoratori e non rientrano in nessuna delle ipotesi di esclusione espressamente contemplate dalla normativa europea.

Eventualmente, come evidenziato dalla Corte di cassazione in una pronuncia del 2017 (la numero 17010, richiamata nel recente provvedimento), sul presupposto dell'applicabilità anche ai dirigenti delle tutele assicurate dalla direttiva del 1999, le caratteristiche comunque peculiari del rapporto dirigenziale possono essere considerate come delle ragioni obiettive in grado di giustificare il rinnovo di contratti a tempo determinato escludendo il carattere abusivo della reiterazione.

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