Contenzioso

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: come va giudicato per la Cassazione

di Valeria Zeppilli

Ormai da qualche anno, la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che, affinché un licenziamento per giustificato motivo oggettivo possa dirsi legittimo, è sufficiente che il datore di lavoro adduca delle ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro tali da determinare un mutamento organizzativo effettivo e la soppressione di una certa posizione lavorativa, anche se la finalità perseguita è quella di ottenere una migliore efficienza gestionale o una maggiore produttività.
Su tale posizione si è assestata anche la più recente linea interpretativa della Corte di cassazione (sezione lavoro, 10 maggio 2022, n. 14840), che ha nuovamente rinnegato il vecchio orientamento che richiedeva, ai fini della validità della tipologia di recesso in parola, la necessità di procedere alla soppressione di un certo posto o reparto al fine di far fronte a situazioni sfavorevoli non contingenti, non ritenendo sufficiente un generico ridimensionamento dell'attività imprenditoriale.
In ogni caso, per i giudici, occorre dare l'opportuna rilevanza al riscontro di effettività, che deve concentrarsi sulla scelta di sopprimere il posto e sulla correlazione causale tra la soppressione e la scelta imprenditoriale di procedere al licenziamento. In tal modo, infatti, si riesce comunque a dare consistenza anche all'obiettivo perseguito dal datore di lavoro, se risulta pretestuoso o non veritiero.
Nella medesima pronuncia con la quale la Cassazione è tornata ad affrontare un tale argomento, sono stati affermati anche altri principi, a ben vedere di diversa portata rispetto a quello appena esaminato, che meritano di essere menzionati.
Innanzitutto, quello inerente alla natura dei soggetti giuridici formati da enti pubblici: per i giudici, la circostanza che gli enti che formano un nuovo soggetto abbiano natura pubblica non è idonea, di per sé, ad attribuire anche a quest'ultimo la medesima natura. In proposito, basta considerare che l'articolo 4 della legge n. 70 del 1975 è chiaro nel prevedere che l'istituzione di un ente pubblico non possa che avvenire a opera del legislatore, sia esso statale o regionale.
Strettamente connesso a questo è anche un altro principio affermato dalla Corte di cassazione che è opportuno riportare.
La nozione di organismo di diritto pubblico, genericamente utilizzata per individuare i soggetti tenuti al rispetto delle regole dell'evidenza pubblica, per i giudici non interessa tutta la vita dello specifico soggetto a cui in tal modo ci si riferisce, ma riguarda solo i segmenti della sua attività che sono correlati all'affidamento degli appalti. Per il resto, le finalità istituzionali cui è preposto l'ente possono essere pertanto perseguite ricorrendo agli strumenti tipici del diritto privato.

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