Contenzioso

Regole italiane per il personale della compagnia Ue senza certificato E101

di Giampiero Falasca

Il personale di volo dipendente da una compagnia aerea, stabilita in uno Stato membro, che lavora per almeno 45 minuti al giorno in un locale situato sul territorio di un altro Stato membro, coincidente con il paese di residenza, è soggetto alla normativa previdenziale di questo Stato, sia per il periodo di lavoro a terra che per il periodo di permanenza in volo se è privo del modulo E101 .

Questo il principio – molto importante sul piano applicativo – formulato dalla Corte di giustizia europea (causa C-33/21) in relazione alla questione sollevata dalla Corte di cassazione italiana sulla normativa previdenziale da applicare nei confronti del personale dipendente da compagnie aeree straniere.

La vicenda riguarda una compagnia aerea irlandese che utilizza un numero rilevante di dipendenti presso l'aeroporto di Orio al Serio a Bergamo. L'Inps e l'Inail hanno rivendicato l'applicazione, rispetto a questi lavoratori, della normativa previdenziale e assicurativa italiana, ritenendo che gli stessi fossero impiegati presso una base di servizio italiana. In particolare, il contenzioso riguardava quei lavoratori non coperti dai certificati E101 (ora A1, moduli rilasciati dall'istituzione irlandese competente, attestanti che la legislazione previdenziale irlandese era applicabile).

Per questi dipendenti, la Corte di cassazione ha chiesto alla Corte Ue di chiarire quali criteri devono essere utilizzati per determinare la legislazione previdenziale applicabile, in relazione disposizioni contenute nei regolamenti 1408/71 e 883/2004, con particolare riferimento a quei dipendenti che lavorano per un periodo di 45 minuti al giorno in un locale destinato ad accogliere l'equipaggio, denominato «crew room», di cui un compagnia aerea dispone nel territorio di uno Stato membro nel quale il medesimo personale di volo risiede.

La Corte di giustizia risponde osservando che per questi dipendenti si applica la normativa locale (quindi quella italiana), ricordando il principio secondo cui una persona che fa parte del personale navigante di una compagnia aerea, che effettua voli internazionali e che dipende da una succursale o da una rappresentanza permanente della compagnia in questione, nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale essa ha la propria sede, è soggetta alla legislazione dello Stato membro nel cui territorio tale succursale o detta rappresentanza permanente si trova.

Per applicare questa regola servono due condizioni cumulative: la compagnia aerea interessata deve disporre di una succursale o di una rappresentanza permanente in uno Stato membro diverso da quello in cui essa ha la propria sede e la persona deve essere alle dipendenze di tale entità.Le nozioni di «succursale» e di «rappresentanza permanente», secondo la Corte, devono intendersi riferite a una forma di stabilimento secondario che presenti carattere di stabilità e continuità al fine di esercitare un'attività economica effettiva.

Alla luce di tale criterio, la Corte giudica che un locale destinato ad accogliere l'equipaggio della compagnia straniera, situato presso un aeroporto italiano, possa essere qualificato come una succursale o una rappresentanza permanente.Per quanto poi concerne i periodi disciplinati dal regolamento 883/2004 (il tempo di permanenza nell'aereo), la Corte ricorda il principio secondo il quale la persona che di norma esercita un'attività subordinata in due o più Stati membri è soggetta alla legislazione dello Stato membro di residenza, qualora essa eserciti una parte sostanziale della sua attività in tale Stato membro.

Applicando questi criteri, la Corte giudica che il locale destinato ad accogliere l'equipaggio della compagina irlandese di stanza presso l'aeroporto di Orio al Serio costituisce una base di servizio, con la conseguenza che i dipendenti non coperti dai certificati E101 ivi assegnati sono soggetti alla legislazione previdenziale italiana.

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