Contenzioso

Nel licenziamento per giusta causa pesa il venir meno della fiducia

di Valeria Zeppilli

Nel licenziamento per giusta causa è particolarmente importante procedere a un'adeguata valutazione della proporzionalità tra l'addebito e il recesso. Si tratta, tuttavia, di un'operazione nei fatti frequentemente complessa e sulla quale, quindi, si concentra spesso l'opera interpretativa della Corte di cassazione che, anche da ultimo (sentenza 18334/2022), ha fornito delle importanti linee guida in proposito.

In sostanza, per valutare la proporzionalità è fondamentale considerare l'effettiva compromissione della fiducia del datore di lavoro nei confronti del lavoratore e il conseguente pregiudizio per gli scopi aziendali che la continuazione del rapporto lavorativo potrebbe determinare. Il comportamento del dipendente, quindi, per giustificare un licenziamento per giusta causa deve essere particolarmente grave e tale gravità deve essere apprezzata senza limitarsi a valutare l'addebito in maniera astratta, ma considerando ogni aspetto concreto del fatto.

Così, per i giudici, occorre dare la giusta rilevanza ai riflessi sull'utile prosecuzione del rapporto lavorativo, alla configurazione delle mancanze fatta dal contratto collettivo di riferimento, all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate al lavoratore e all'assenza o sussistenza di pregresse sanzioni. Ma non solo: bisogna considerare anche la natura del rapporto lavorativo, la sua durata, la sua tipologia e le modalità con le quali lo stesso era in precedenza attuato.

È insomma sbagliato limitarsi a verificare se il fatto posto dal datore di lavoro alla base di un licenziamento per giusta causa possa essere ricondotto alle disposizioni della contrattazione collettiva che legittimano un tal genere di recesso: per ritenere quest'ultimo ammissibile, è indispensabile accertare la sua effettiva capacità di scuotere la fiducia del datore di lavoro e la sua idoneità a pregiudicare gli scopi aziendali. In tale contesto, è quindi imprescindibile verificare se dalla condotta tenuta dal lavoratore possa desumersi una sua scarsa inclinazione ad attuare i propri obblighi in maniera diligente e a operare secondo buona fede e correttezza.

Sempre in tema di licenziamenti disciplinari, la Corte di cassazione ha fornito anche un'altra importante precisazione, affermando che la tempestività della contestazione dell'addebito al lavoratore, che pure rappresenta un presupposto importante ai fini della validità della sanzione espulsiva, deve essere intesa in senso relativo, dando l'opportuna rilevanza alle ragioni alla base del ritardo e, quindi, permettendo di valutare correttamente i fatti, anche nella loro eventuale complessità.

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