Contenzioso

Stipendio durante le ferie non inferiore rispetto alle giornate in presenza

di Marcello Bonomo ed Enrico D'Onofrio

Con la sentenza 20216/2022 del 23 giugno la Cassazione si è pronunciata su una questione particolarmente controversa – ossia sul calcolo della retribuzione del lavoratore durante il periodo di ferie rispetto a quella erogata per la normale attività lavorativa – dichiarando la nullità della clausola del Ccnl trasporto aereo, che esclude l'indennità di volo integrativa dalla base del computo della retribuzione da corrispondere nel periodo feriale.

Si tratta di un principio di diritto che rifletterà i propri effetti anche su altri settori, diversi da quello aereo, nei quali i contratti collettivi prevedono un trattamento economico, per i giorni di ferie, diverso e meno favorevole rispetto alle giornate di presenza.

Il ragionamento della Cassazione muove dagli arresti della Corte di giustizia dell'Unione europea, secondo cui l'erogazione al lavoratore di una retribuzione sensibilmente inferiore durante le giornate di ferie ha un effetto potenzialmente dissuasivo rispetto al loro godimento e, per tale ragione, è incompatibile con i principi comunitari.La sentenza, tuttavia, contiene due importanti passaggi argomentativi che dovrebbero attenuare almeno in parte le conseguenze per i datori di lavoro.

In primo luogo, la declaratoria di nullità della clausola del Ccnl è circoscritta al periodo minimo di ferie annuali (quattro settimane), oggetto della disciplina comunitaria. Per i giorni eccedenti il periodo minimo di ferie, la Cassazione conferma invece l'orientamento secondo cui la determinazione della retribuzione è rimessa alla contrattazione collettiva e la mancata inclusione di tutte le voci retributive corrisposte durante i periodi di effettiva attività lavorativa non contrasta con i principi costituzionali.

Un ulteriore elemento valorizzato dalla Corte di legittimità è la consistente incidenza (circa il 30%) dell'indennità di volo integrativa sul trattamento economico spettante al personale navigante; costituendo una significativa componente retributiva, infatti, la sua mancata erogazione potrebbe indurre il lavoratore a non fruire delle ferie minime. La necessaria inclusione o meno nella retribuzione feriale di una voce retributiva sembra discendere, quindi, dalla misura in cui essa è in grado di incidere sulla determinazione del lavoratore di fruire o meno delle ferie minime, dovendosi valutare se possa, anche solo potenzialmente, avere un effetto dissuasivo.

La trasposizione dei suddetti principi comunitari da parte della Cassazione desta notevoli perplessità, posto che nell'ordinamento italiano il diritto al godimento delle ferie è irrinunciabile e tutelato da un articolato apparato sanzionatorio che si attiva in caso di mancata ottemperanza del datore di lavoro all'obbligo di consentirne il godimento. In altri termini, nella disciplina nazionale il lavoratore non è libero di rinunciare al godimento delle ferie maturate e, quindi, non può esserne dissuaso. Dunque, l'aggravio sul costo del lavoro che deriverà, per le imprese, dalla sentenza della Corte non è destinato a colmare alcun effettivo vuoto di tutela dei lavoratori.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©