Contenzioso

Confisca obbligatoria del risparmio di spesa per chi sfrutta il lavoro

di Patrizia Maciocchi

Via libera alla confisca obbligatoria, diretta, delle somme, nella disponibilità degli amministratori, risultato di un risparmio di spesa a danno di lavoratori sottopagati, nell’ambito del reato di caporalato.

La Cassazione (sentenza 29398) estende al reato di sfruttamento del lavoro (articolo 603-bis del Codice penale) i principi affermati per i reati tributari. Chi non paga la giusta retribuzione ai lavoratori o si fa restituire parte di quanto corrisposto, commette, infatti, una frode che ha lo stesso fine perseguito da chi emette fatture per operazioni inesistenti o non paga i tributi. Lo scopo è quello di non depauperare e dunque aumentare il patrimonio sociale. Per questo l’estensione del principio valido per i reati tributari non si traduce in un’applicazione in malam partem.

Viene così respinto, in parte, il ricorso degli amministratori di una Srl. Le condotte contestate all’amministratore, rientravano, secondo gli indizi, nel perimetro disegnato dall’articolo 603-bis del Codice penale. L’accusa era di non rispettare il contratto nazionale di lavoro, in tema di ferie e retribuzione.

Condotte che avevano portato, in base alle indagini, a un accrescimento del patrimonio del ricorrente. Un arricchimento che non aveva riguardato la società, messa in liquidazione. Il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca obbligatoria, aveva quindi colpito solo l’indagato, al quale era stato sequestrato il denaro, in linea con quanto previsto per gli amministratori di una compagine in caso di reati tributari. La possibilità di collegare l’arricchimento personale alle azioni contestate, rende - per i giudici - del tutto evidente il nesso di pertinenzialità tra denaro sequestrato e attività illecita svolta.

I giudici respingono la tesi della difesa, che chiedeva un intervento delle Sezioni unite o una remissione alla Consulta. Ad avviso del ricorrente, infatti, erano state confiscate in via diretta e non per equivalente, somme che, come risparmio di spesa derivato dalle minori retribuzioni, non rientravano - in assenza di un effettivo accrescimento del patrimonio attraverso l’acquisizione di cose suscettibili di valutazione economica - nella nozione di profitto del reato passibile della confisca obbligatoria (articolo 603-bis 2 del Codice penale).

Teoria che la Cassazione smonta. Per i giudici è evidente che le ore di lavoro gratuite siano un vantaggio «che di per sé non sarebbe idoneo ad integrare il profitto confiscabile». È però anche vero che la condotta illecita ha impedito l’uscita dal patrimonio dell’indagato delle somme relative alle retribuzioni non corrisposte ai lavoratori. E questo di fatto «è equivalente ad un incremento di natura patrimoniale valutabile in termini di profitto».

I giudici accolgono il ricorso solo per il punto che riguarda l’anticipazione del sequestro preventivo prima della definizione del giudizio, in assenza della prova del pericolo di una dispersione del denaro, tale da rendere poi impossibile la confisca obbligatoria.

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