Contenzioso

Sicurezza, da valutare anche i rischi di attività fuori mansione

di Patrizia Maciocchi

La condotta del lavoratore non salva il datore dalla condanna per omicidio colposo, se non può essere inquadrata nel concetto di «rischio eccentrico». E non è dunque tale da interrompere il nesso causale con l’evento. Perché questo avvenga l’azione del dipendente deve andare oltre l’area di rischio, governata dal soggetto incaricato di gestirlo.

La Corte di cassazione ( sentenza 30814) ribalta l’assoluzione del titolare di un’azienda agricola, per l’omicidio colposo di un lavoratore, rimasto folgorato per aver tranciato dei cavi elettrici interrati. Ad avviso della Corte territoriale la responsabilità del datore di lavoro andava esclusa perché la morte era stato il risultato di un corto circuito, che si era verificato mentre il lavoratore cercava di riparare i cavi tagliati. Due le cause secondo i giudici di appello: l’insicurezza dell’impianto elettrico - non in linea con gli standard di sicurezza previsti dalle norme del Comitato elettrico italiano - e la condotta abnorme del lavoratore che, con la sua iniziativa aveva superato l’area di “governabilità” del rischio. Per la Cassazione non è così.

La prima violazione delle norme di sicurezza lavoro (articolo 18 Dlgs 81/2008) sta nell’assenza di una formazione e di un’ attrezzatura di protezione adeguate, c’era poi la sottovalutazione del pericolo. Perchè il dipendente dell’azienda agricola stava usando l’escavatore in una parte di terreno dove i cavi elettrici erano interrati troppo in superficie. Adempiendo all’obbligo di motivazione rafforzata, imposto quando si ribalta l’assoluzione, la Suprema corte detta un principio di diritto relativo al concetto di «rischio eccentrico».

I giudici di legittimità chiariscono che il rischio va identificato in prima battuta in termini astratti, come tipologico.

Ma va poi considerato «con riferimento alla concreta attività svolta dal lavoratore e alle condizioni di contesto della relativa esecuzione». Il datore deve dunque guardare al pericolo che, nel concreto, si può determinare per l’attività di lavoro, a prescindere che questa rientri o meno nelle mansioni svolte.

Nello specifico il giudice di appello si è fermato solo al primo step della valutazione. Ha guardato, oltre che alla scarsa sicurezza dell’impianto per responsabilità di terzi, alle mansioni estranee all’attività richiesta, facendo rientrare in queste l’eccentricità del rischio. Così facendo il giudice si è fermato allo stadio del rischio astratto tipologico. Senza compiere il passo successivo, che riguarda la valutazione dell’attività svolta e il suo contesto.

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