Contenzioso

Obblighi di informazione ai sindacati non riducibili da riservatezza e finanza

di Angelo Zambelli

La pronuncia del Tribunale di Trieste, relativa alla decisione dell’azienda Wartsila di chiudere un sito produttivo in Italia e assurta agli onori della cronaca nazionale nei giorni scorsi, riguarda per la prima volta la procedura “anti-delocalizzazione” introdotta dalla legge di Bilancio 2022 e ora potenziata dal decreto Aiuti-ter.

Per decidere in merito, il giudice ha compiuto un’attenta disamina del patrimonio contrattuale collettivo presente in azienda, segnalando come l’impresa avesse più volte, in virtù di relazioni sindacali particolarmente evolute, accettato il confronto e sottoscritto accordi integrativi che non potevano rimanere lettera morta.

In particolare, con ricorso secondo l’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, i sindacati avevano affermato che vi era stata una pressoché totale omissione del loro coinvolgimento circa l’andamento produttivo e occupazionale dell’azienda: tale condotta si era tradotta in un comportamento antisindacale poiché la società, sin lì, non aveva mai «fatto trapelare alcunché sull’intenzione di chiudere il sito produttivo».

Da parte sua l’impresa aveva sostenuto che i soggetti collettivi erano stati tempestivamente avvisati della decisione di cessazione dell’attività una volta venuti meno le dinamiche infragruppo e gli obblighi di segretezza derivanti dal market abuse regulation, i quali avevano impedito che la società potesse venire a conoscenza di tale risoluzione della capogruppo se non la sera del giorno prima della comunicazione effettuata il 14 luglio 2022 alle Rsu e alle organizzazioni sindacali.

Ricordato il principio di assoluta indifferenza del nostro ordinamento rispetto alle dinamiche infragruppo, stabilito dalla legge 223/1991 sui licenziamenti collettivi, e rilevato che l’invocato market abuse regulation prevedeva comunque delle deroghe, secondo il giudice triestino, prima di inviare la comunicazione di avvio dei licenziamenti, sarebbe stato comunque obbligo dell’azienda dare «sfogo all’informazione sindacale rimasta fino a quel momento compressa», di fatto inattuata.

Infatti il Tribunale ribadisce che, ragionando diversamente, si arriverebbe - erroneamente - ad affermare «che gli obblighi di informazione preventiva possano essere del tutto cancellati in ragione delle esigenze di segretezza della capogruppo e che, dunque, la necessità di non turbare gli equilibri del mercato finanziario possa prevalere su diritti tutelati dalla Costituzione».

A sostegno di quanto rilevato dai sindacati, il Tribunale ricostruisce nel dettaglio gli obblighi di informazione e consultazione previsti dall’articolo 9 del Ccnl industria metalmeccanica, dall’articolo 4 dell’accordo integrativo aziendale 2016-2018 e dal verbale di accordo del 9 maggio 2018. Il combinato disposto di tali norme, secondo il giudice, non lascia adito a dubbi sulla circostanza che la società si fosse obbligata a informare periodicamente i sindacati dell’andamento dell’attività economica: peraltro, la stessa comunicazione aziendale di avvio della procedura faceva espresso riferimento «a problematiche risalenti al 2020», mai comunicate e quindi discusse o esaminate in precedenza.

Alla luce degli impegni assunti, quindi, l’azienda risultava doppiamente inadempiente «mettendo il sindacato di fronte al fatto compiuto» con «violazione della buona fede contrattuale»: l’obbligo di informazione gravante sulla società, infatti, non si limitava solamente alla mera comunicazione di una decisione già assunta, bensì si estendeva a tutta la fase preventiva di analisi e consultazione. È stato così intimato al datore di lavoro di revocare la comunicazione prevista dalla legge 234/2021 e, con essa, la procedura di licenziamento dei 451 dipendenti, ordinando altresì di astenersi dal reiterarla per il futuro «affinché si dia luogo alla concertazione fra datore di lavoro e sindacati prevista da contrattazione collettiva ed integrativa, concertazione che dovrà ovviamente essere effettiva e non risolversi nella mera esibizione della comunicazione già inviata», al fine di consentire al sindacato di svolgere il ruolo che gli è stato assegnato dalla contrattazione collettiva applicata al caso specifico.

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