Contrattazione

Nella giungla contratti ferie e minimi ridotti

di Giorgio Pogliotti

Le vie della contrattazione sono infinite, come infinite sembrano le strade scelte da associazioni datoriali e sigle sindacali scarsamente rappresentative, che applicano condizioni normative ed economiche al di sotto degli standard dei settori di riferimento. Si va dalla riproposizione delle gabbie salariali con retribuzioni differenziate su base regionale – con minimi tabellari per la Sicilia inferiori rispetto alla Lombardia – alle mansioni “jolly” che consentono l’utilizzo del dipendente dove serve, anche per qualifiche inferiori, contenute in un contratto nazionale del commercio. All’orario di lavoro settimanale che può essere fissato nel contratto di assunzione a 45 ore, con una retribuzione mensile parametrata però all’orario ordinario (max 40 ore), e la previsione che possa essere svolto in qualsiasi momento della giornata, attraverso una comunicazione data 10 giorni prima al lavoratore, in applicazione di un contratto multisettore del terziario. Un altro contratto intersettoriale, sempre del terziario, prevede addirittura una “clausola elastica” per consentire la «variazione di collocazione temporale della prestazione lavorativa», e il rifiuto da parte del lavoratore fa scattare il licenziamento per giustificato motivo. Un altro contratto nella sanità prevede invece le ferie “a tutele crescenti”.

Sono alcuni dei casi raccolti nell’archivio nazionale della contrattazione collettiva custodito dal Cnel, che ha censito 868 Ccnl; di questi solo circa 300 sono considerati “regolari”. Il Cnel ha contato ben 213 contratti nel commercio, 68 nell’edilizia, 39 tra gli alimentaristi, 34 tra i chimici e 31 sia per i meccanici che per i tessili. Un’interessante indagine della Femca-Cisl ha evidenziato come soprattutto al Sud nel settore della moda si applichino contratti elaborati da sindacati “fantasma” e da consulenti più che da associazioni datoriali, con livelli retributivi da 4,50 euro l’ora – pari alla metà di quanto previsto per la qualifica operaia nei contratti di settore – che prevedono 48 ore di lavoro settimanale nella lettera d’assunzione.

Il presidente del Cnel Tiziano Treu ha lanciato la proposta di creare un “bollino blu” (ieri si è incontrato con il presidente dell’Inps Tito Boeri) per arginare il ricorso a contratti “pirata” che presentano condizioni peggiorative per i lavoratori, soprattutto per risparmiare sul costo del lavoro, e un dumping ai danni delle imprese corrette. L’ipotesi è quella di individuare in base al numero dei lavoratori coperti, ed alla massa salariale, i contratti rappresentativi. Va in questa direzione il documento conclusivo di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil – la cui ratifica è attesa il 9 marzo – che introduce la misurazione della rappresentanza delle associazioni datoriali (quella dei sindacati è prevista dal Testo unico firmato nel gennaio 2014), affidando al Cnel il compito di effettuare una ricognizione dei perimetri della contrattazione collettiva nazionale di categoria. Condizione necessaria per poter garantire una più stretta correlazione tra Ccnl applicato e reale attività dell’impresa. Sempre il Cnel dovrebbe effettuare una ricognizione dei soggetti firmatari dei Ccnl di categoria per accettarne l’effettiva rappresentatività.

«L’attuazione di questo accordo – spiega Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro all’università la Sapienza di Roma – potrà produrre un grande passo in avanti. Con il lavoro di perimetrazione svolto dal Cnel si potrà individuare il contratto che ha le caratteristiche di rappresentatività in quel determinato perimetro, in base al quale calcolare la retribuzione imponibile ai fini previdenziali, e che può accedere ai benefici di legge. Al contratto di riferimento verrebbe così data efficacia generale».

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