Contrattazione

I fondi sanitari contrattuali crescono e coprono oltre 4 milioni di lavoratori

di Cristina Casadei

Sanimoda è tra gli ultimi fondi sanitari contrattuali nati, ma ormai in Italia non c’è pressoché categoria privata che non abbia un suo fondo sanitario. Scontiamo, però, la grande assenza del pubblico. Come spiega Fiammetta Fabris, amministratore delegato di Unisalute (gruppo Unipol) «oggi il contratto più grande che è fuori dalla sanità integrativa è il pubblico. Polizia, carabinieri, scuola, solo per citare alcune categorie non ne hanno una». Nel privato i fondi contrattuali nazionali, invece, sono una quarantina: dal commercio alla logistica all’alimentare alle tlc, passando per la moda e i trasporti, tranne quello dei meccanici, il partner nella gestione è la società del gruppo Unipol. «Negli ultimi 10 anni c’è stata un’evoluzione della copertura che vede i fondi sanitari di natura contrattuale sempre più presenti nell’out of pocket», dice Fabris.

In tutto in Italia sono circa 12,6 milioni gli assicurati con copertura di sanità integrativa. I lavoratori coperti dai fondi sanitari di natura contrattuale oggi sono 4 milioni dei 5,8 milioni garantiti e a breve è previsto l’avvio di un confronto ministeriale per rafforzare questo sistema che, con i 2 miliardi di euro di prestazioni erogate, rappresenta a tutti gli effetti il secondo pilastro della sanità. «È necessario ora iniziare delle riflessioni anche interne al sistema – continua Fabris -. Siamo alla vigilia di una stagione con obiettivi precisi: il mantenimento degli investimenti pubblici nel settore, la razionalizzazione della spesa, un maggiore spazio da dedicare su questo fronte nella contrattazione nazionale».

Nel nostro paese i cittadini pagano di tasca propria un quarto delle spese per la salute. Secondo quanto emerso in un seminario organizzato da Unisalute nel 2017 la spesa sanitaria totale in Italia ha raggiunto 152,8 miliardi di euro: di questi i tre quarti (il 74% pari a 113,1 miliardi di euro) rappresentano la spesa pubblica, mentre il 24%, 39,7 miliardi di euro, la spesa sanitaria privata. Considerando la sola spesa privata, il 91% è stata out of pocket: i cittadini la hanno sostenuta di tasca loro, mentre il 9% è stata intermediata.

Uno studio della European House Ambrosetti per Unisalute tratteggia uno scenario demografico, epidemiologico ed economico del sistema sanitario in Italia in cui l’aspettativa di vita aumenta (era 73,3 anni nel 1978, oggi è 83,3), mentre diminuisce l’aspettativa di vita in buona salute che negli ultimi 40 anni è calata di 2 anni e mezzo. Il tasso di mortalità per le malattie cardiovascolari è calato del 63,7%, quello delle neoplasie del 16,9%, delle malattie respiratore del 47,1%, mentre è aumentato dell’8% quello delle malattie endocrine e metaboliche. L’invecchiamento della popolazione continuerà a modificare la struttura demografica nei prossimi anni: insieme a Germania, Portogallo e Grecia, l'Italia è oggi tra i pochi paesi europei con la quota più elevata di over 65. Nel 2038 un italiano su tre sarà over 65 e questo accresce il valore della prevenzione su cui il privato con i fondi sta facendo un’attenta opera di comunicazione. In questo contesto, però, lo studio di Ambrosetti, rileva che l’incidenza della spesa sanitaria pubblica italiana sul Pil è pari al 6,6%, più bassa rispetto alla media europea, ma soprattutto destinata a diminuire. Con conseguente aumento del gap rispetto a Germania, Svezia e Paesi Bassi che spendono più di 4mila euro all’anno per ogni cittadino, contro i 2mila dell’Italia.

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