Contrattazione

Con lo smart working si lavora per obiettivi

di Gabriele Fava


Lo smart working o lavoro agile è uno strumento di flessibilità dello svolgimento del rapporto di lavoro subordinato. La nozione data di “lavoro agile” è ampia e include tutte le forme di prestazioni rese parzialmente al di fuori dei locali aziendali, fermi restando i vincoli di legge e collettivi in tema di orario di lavoro.

La disciplina delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali è demandata all'accordo tra le parti, lasciando alla contrattazione collettiva (anche aziendale) soltanto un ruolo integrativo e ancillare.

Rimangono ferme, in ogni caso, alcune condizioni basilari che è lo stesso legislatore delegato a indicare: diritto alla parità di trattamento dello smart worker; apposite misure di protezione dei dati e di tutela della sicurezza sul lavoro; assicurazione antinfortunistica.

A tal proposito, si auspica che in fase di redazione finale della legge – o quanto meno in fase attuativa a opera del ministero del Lavoro – si proceda alla semplificazione della gestione infortunistica (che è stato uno dei maggiori deterrenti al largo utilizzo del telelavoro) della prestazione in regime di smart working.

Con riferimento ai contenuti del Ddl sul punto, se si conviene sull'identificazione di un onere di informativa annuale a carico del datore di lavoro con riferimento ai rischi generici e specifici dell'attività svolta con modalità agile, si ritiene, tuttavia, che la tutela connessa agli infortuni e malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all'esterno dei locali aziendali vada standardizzata, evitando che valutazioni del rischio da effettuare caso per caso arrechino ingiustificati ritardi burocratici nella fase di attivazione di tale strumento di flessibilità.

Inoltre, la fattispecie dell'infortunio in itinere, a parere di chi scrive, non sembra possa trovare applicazione nell'ambito dello smart working: se si fosse costretti a identificare un “luogo prescelto per la prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali” verrebbe meno l'elemento innovativo della forma contrattuale introdotta. Pertanto, una volta attribuito il codice di rischio standard, potrà essere considerato infortunio sul lavoro solo quello avvenuto “nello svolgimento” della prestazione di lavoro e nell'ambito delle fasce orarie pattuite.

Va detto che l'accordo tra le parti – che può essere sia a tempo determinato, sia indeterminato – accede soltanto all'originario contratto di lavoro, il quale rimane inalterato per tutti gli elementi non modificati dall'intesa sul lavoro agile. Tale manovra, secondo i dati degli osservatori nazionali ed esteri, dovrebbe generare un considerevole balzo in avanti della produttività del nostro Paese, abbattendo anche in maniera rilevante il tasso di assenteismo.

Al di là della riproducibilità su larga scala di quanto osservato su di un ristretto campione statistico (ardua sentenza che solo il tempo potrà emettere), non si può negare che lo strumento si presenti come da subito capace di avere un impatto concreto su uno degli elementi storicamente più tormentati del mercato del lavoro italiano: il tasso di disoccupazione femminile.

In un contesto di carenza strutturale di servizi pubblici dedicati alla cura dei bambini in età prescolare, le misure di flessibilità concesse dall'utilizzo dello smart working vanno, di fatto, considerati come una significativa opportunità di conciliazione delle esigenze personali e professionali delle lavoratrici madri nei primi anni di vita dei propri figli.

Ciò che, tuttavia, rappresenta il vero elemento di novità di tale strumento di flessibilità è la spinta verso una maggiore responsabilizzazione del lavoratore in termini di raggiungimento di obiettivi aziendali e la conseguente adozione di nuovi modelli per il lavoro subordinato.

Venendo meno la materialità del luogo di lavoro e la soggezione in senso classico al potere direttivo datoriale, sarà l'idea stessa di prestazione lavorativa a dover inevitabilmente cedere il passo a sistemi diversi di valorizzazione dell'apporto del lavoratore. Non più mera messa a disposizione delle energie lavorative per un determinato orario giornaliero e settimanale, ma misurazione delle performance per obiettivi e maggiore partecipazione ai risultati dell'impresa.

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