Contrattazione

Lavoro intermittente, termina il primo triennio

di Alberto Bosco

Il Codice dei contratti, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ha innovato anche la disciplina relativa al contratto di lavoro intermittente, o “a chiamata” (che è noto anche come “job on call”); le nuove disposizioni in materia sono contenute negli articoli da 13 a 18.
Ebbene, l'articolo 13, ai primi 2 comma, dispone che il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente:
a) secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno: in mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro;
b) in ogni caso, esso può essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni.
A tale proposito è recentemente intervenuto il Ministero del lavoro (si veda la Nota 21 marzo 2016, n. 10) il quale, rispondendo a una richiesta di interpello, ha precisato che – fino all'emanazione del (nuovo) decreto ministeriale – è ancora oggi possibile far riferimento alle attività indicate nella tabella allegata al regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657: tale tabella indica le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia.
Il successivo comma 3, ed è questo aspetto che vogliamo analizzare, dispone che, in ogni caso, con l'eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di 3 anni solari: in caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
I settori cui il limite delle 400 giornate non si applica sono appunto solamente quelli del turismo, pubblici esercizi e spettacolo, ossia – come precisato da parte dello stesso dicastero - quelli iscritti alla Camera di commercio con il codice attività Ateco 2007 corrispondente ai citati settori produttivi; ovvero quelli che, pur non rientrando nel codice Ateco corrispondente ai settori in questione, svolgano attività proprie del settore turismo, pubblici esercizi e spettacolo applicando i relativi contratti collettivi.
Invece, per tutti gli altri settori, e quindi nei confronti di quei datori per i quali opera il “tetto” delle 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di 3 anni solari, va ricordato che tale norma è stata introdotta per la prima volta (e confermata dal Jobs Act) dall'articolo 7 del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99. In considerazione della data di entrata in vigore del D.L. n. 76/2013, il primo triennio include tutte le prestazioni intermittenti rese a partire dal 29 giugno 2013 (quelle antecedenti invece non devono essere conteggiate) e sino al 28 giugno 2016: va tuttavia osservato che, stante la formulazione della norma, si tratta di triennio mobile, per cui a partire dal 29 giugno 2016 occorrerà conteggiare a ritroso 3 anni solari e quindi sino al 30 giugno 2013, e così via.
Pare anche opportuno ricordare che il triennio di cui sopra ha una valenza meramente indicativa in quanto, a parere di chi scrive, pare assai più importante “tenere sotto controllo” le 400 giornate. Si pensi, infatti, al datore di lavoro che “chiami” quel lavoratore 20 giorni al mese: in questo caso il “tetto” viene raggiunto in 20 mesi, e non nei 36 che compongono il triennio di “osservazione”. Invece, se la “chiamata” riguardasse 16 giorni al mese, in 25 mesi (e non in 36) si sarebbe già raggiunto il massimo consentito.
In definitiva, un buon consiglio pratico, rifacendosi al concetto dei cd. “tutor” autostradali (che sanzionano il superamento della velocità “massima” considerata come “media” lungo un determinato percorso), è quello di non superare gli 11 giorni mensili di impiego, dato che 11 giorni x 36 mesi dà 396, ossia un totale rispettoso del limite massimo.
Eventuali occasionali sforamenti rispetto agli 11 giorni mensili medi sono sempre consentiti (previo rientro nel tetto massimo previsto per il triennio), sapendo però che, in caso di superamento delle 400 giornate, il rapporto si trasforma a tempo pieno e indeterminato.

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