Contrattazione

Quadro normativo ancora da semplificare per l’apprendistato di alta formazione

di Antonio Carlo Scacco

L'apprendistato di alta formazione nasce con l'articolo 50 del decreto legislativo 276/2003 sulla scia della francese Loi n° 87-572 del 23 luglio 1987, con la previsione di percorsi in apprendistato di cosiddetta alta formazione e l'affidamento alle Regioni della relativa regolamentazione sulla base di accordi intervenuti con le università o altre istituzioni formative del territorio regionale.

Ma esigenze di semplificazione hanno indotto prima il ministero del Lavoro (circolare 40/2004) e poi il legislatore (decreto legge 112/2008) a chiarire che la disciplina poteva essere fondata su semplici accordi o convenzioni con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano regionale, nonché con le università o altre istituzioni formative, prescindendo dunque dalla norma regionale ma, in ogni caso, richiedendo le predette intese per la concreta operatività dell'istituto.

Nonostante tutti gli sforzi per agevolarne la diffusione, lo strumento si è rivelato tuttavia di scarsa applicazione. L'ultimo rapporto Isfol del luglio scorso evidenzia che le analisi condotte sui Ccnl mostrano una costante tendenza a occuparsi esclusivamente dell'apprendistato professionalizzante, demandando invece la disciplina delle tipologie di apprendistato a maggiore valenza formativa alla contrattazione di secondo livello o a successivi accordi tra le parti sociali, peraltro mai sottoscritti. Un indiscutibile insuccesso che può essere ragionevolmente imputato, più che a difficoltà normative o reticenze sindacali, a una sostanziale impreparazione culturale dei principali attori della vicenda (Regioni, parti sociali, le stesse università) a fronte di una forma del tutto nuova di formazione in alternanza, la prima espressamente mirata al superamento della rigida separazione tra percorsi di alta formazione e mercato del lavoro.

Gli ultimi ritocchi normativi operati con il decreto legislativo 167/2011, che ha avuto l'innegabile pregio di riunire in un testo unico le norme in materia di apprendistato, e il recente decreto legislativo 81/2015 (attuativo del Jobs act), hanno accentuato le tendenze semplificatrici ma con risultati non ancora soddisfacenti, almeno sul piano pratico. La normativa da ultimo indicata, in particolare, ha inteso porre le basi di una sorta di via italiana al “sistema duale” dell'apprendistato (analogamente al ben più efficiente e diffuso sistema tedesco), semplificando al massimo l'accesso al terzo livello formativo.

In tale contesto si inserisce la previsione di un protocollo da siglare con l'istituzione formativa a cui lo studente è iscritto o con l'ente di ricerca, che stabilisce durata e modalità del percorso formativo secondo lo schema definito con decreto approvato il 12 ottobre 2015, o le agevolazioni sul piano retributivo per le ore di formazione svolte presso l'ente incaricato.
L'ultimissimo atto di un percorso ormai ultradecennale e tutt'altro che univoco, si è consumato con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del 7 ottobre del decreto legislativo 185/2016, correttivo del Jobs act, che, nel modificare ulteriormente la disciplina dell'apprendistato di alta formazione e ricerca, non ha mancato di suscitare perplessità e dubbi negli addetti ai lavori. Più in particolare si prevede che, ai fini della regolamentazione e della durata dei periodi di apprendistato, per i soli profili che attengono alla formazione, è sufficiente la semplice consultazione delle Regioni con le parti sociali e gli enti formativi (non è più necessario un accordo formale).

Inoltre, in assenza delle regolamentazioni regionali, l'attivazione dei percorsi formativi non è più demandata ad apposite convenzioni stipulate dai datori con gli enti formativi, ma è regolata dal decreto ministeriale 12 ottobre 2015. L'utilità della norma non appare del tutto comprensibile. Infatti l'articolo 10 del decreto ministeriale già prevede che, entro sei mesi dalla sua data di entrata in vigore, ossia dal 21 giugno 2016, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano debbano recepire con propri atti le relative disposizioni.

Persistendo la assenza di una regolamentazione regionale, dopo il predetto termine l'attivazione dei percorsi di apprendistato di alta formazione e ricerca è disciplinata direttamente dalle disposizioni del decreto ministeriale medesimo. In tali termini la disposizione introdotta dal correttivo può essere considerata quantomeno ultronea rispetto alla regolamentazione ministeriale. Senonché il correttivo fa espressamente salve, fino alla regolamentazione regionale, le convenzioni già stipulate dai datori di lavoro o dalle loro associazioni con le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'effetto pratico è quello di introdurre ulteriori incertezze nella normativa: le vecchie convenzioni, infatti, dovranno difficilmente convivere con le disposizioni regolamentari previste dal decreto ministeriale del 12 ottobre 2015 per quelle Regioni sprovviste di disciplina in materia di apprendistato di alta formazione.

Come si può intuire dal breve excursus appena tratteggiato, la vicenda dell'apprendistato di terzo livello sembra essere tutt'altro che conclusa, apparendo tale istituto ancora lungi dal costituire quello strumento elettivo di incontro tra mondo del lavoro e formazione qualificata ormai unanimemente apprezzato negli altri stati dell'Unione europea.

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