Contrattazione

Calzature, trattative interrotte

di Cristina Casadei

Se quest’anno Pitti Uomo si è aperta con l’annuncio della nascita di una grande Federazione della moda (si veda il Sole 24 Ore di ieri), si chiuderà con una manifestazione nazionale e un nuovo sciopero del tessile che si trascinerà dietro anche le calzature. Il 13 gennaio, nella giornata finale dell’evento fiorentino, Filctem, Femca e Uiltec hanno invitato gli oltre 500mila lavoratori dei due settori (420mila il tessile abbigliamento, 80mila le calzature) ad incrociare le braccia e ad andare a Firenze. Motivo di tanto clamore - anche se la manifestazione cadrà quando ormai le luci della ribalta saranno già accese su Milano moda uomo - è il rinnovo dei contratti di lavoro. Per le calzature, secondo quanto riferiscono fonti sindacali, ieri era previsto un incontro decisivo per la sigla del rinnovo, ma Assocalzaturifici ha ritenuto insufficienti le aperture dei sindacati su temi come la flessibilità e le ex festività. Di qui la decisione dei segretari generali di Filctem, Femca e Uiltec, Emilio Miceli, Angelo Colombini e Paolo Pirani di coinvolgere anche le calzature nello sciopero organizzato per il 13 gennaio a Pitti Uomo.

Le imprese, già proiettate su Milano moda uomo, hanno invitato i sindacati a concentrare le energie sulla soluzione per il contratto. Il presidente di Smi, Claudio Marenzi, da Pitti Uomo ha invitato a collaborare per raggiungere il comune obiettivo del rinnovo: «Faccio un appello alla parte sindacale di seguirci, e fare squadra insieme per il futuro del settore». La filiera del tessile abbigliamento è lunga e complessa e le aziende non godono dello stesso stato di salute. «Ci sono aziende che vanno bene», ammette Marenzi, ma «chi sta a monte della filiera fa fatica e in questo momento non può permettersi aumenti salariali - prosegue il presidente di Smi -. Chi crea ricchezza la distribuisca bene, chi non può farlo è perché se no rischia di chiudere. Il fenomeno di un settore in crescita ma che ha una contrazione di posti di lavoro vuol dire questo». Secondo Marenzi «la nostra idea di non dare aumenti salariali ante previsioni di inflazione è un concetto già chiarito e accettato da altre federazioni, come nella metalmeccanica, dove i sindacati non sono così pro-associazioni datoriali, penso a Landini. La nostra controparte potrebbe ragionare su questo».

Dal canto suo, Annarita Pilotti, presidente di Assocalzaturifici spiega che «le nostre richieste ai sindacati sono frutto di buon senso. Le nostre aziende devono poter contare automaticamente su varie e maggiori possibilità offerte dal contratto, tra le quali una flessibilità più estesa e il recupero collettivo dei permessi ex-festività, per poter affrontare un andamento sempre più incerto degli ordinativi, caratterizzati da picchi e da flessi sempre più ravvicinati». «È nell’interesse di tutti mettere a punto, finalmente, un’organizzazione del lavoro più efficiente, efficace ed esigibile, in grado di garantire la continuità ad un settore chiave per la moda italiana. Non abbiamo alternative. La competizione è troppo serrata e corriamo il rischio, nel prossimo biennio, di perdere attività, con conseguente drammatica emorragia di posti di lavoro».

Nè sul tessile, nè sulle calzature, però il sindacato è disposto a seguire le imprese. «Dopo mesi di trattative l’associazione imprenditoriale confindustriale Smi conferma la sua proposta di un modello salariale in cui eventuali aumenti retributivi verrebbero misurati ex post alla durata triennale del contratto: inaccettabile», dicono Filctem, Femca e Uiltec. «Il modello che ostinatamente Smi-Confindustria ci ripropone non è il nostro modello». Allo stesso modo il sindacato ha respinto al mittente le proposte sulla flessibilità contrattuale e sulle festività di sabato e domenica di Assocalzaturifici. Ferme restando le loro priorità le imprese rinnovano però la loro disponibilità al dialogo.

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