La disciplina del contratto di
prestazionale occasionale
nel
settore agricolo
si differenzia da quella prevista per la generalità delle imprese per alcuni aspetti sostanziali: comunicazione preventiva; categorie di prestatori; compenso minimo orario.
Per quanto concerne la
comunicazione preventiva
, a differenza di quanto previsto per la generalità degli utilizzatori, il committente agricolo deve comunicare preventivamente - oltre al codice fiscale del lavoratore ed al luogo di lavoro - solo la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 3 giorni continuativi (articolo 54, comma 17, lett. d, della legge 96/17 e circolare Inps 197/17, par. 6.5). In altre parole agli agricoltori viene concessa una maggiore flessibilità nella comunicazione preventiva dei tempi della prestazione, in quanto: devono solo comunicare la durata complessiva della prestazione (ad esempio 4 ore) e non anche la sua esatta collocazione temporale (ora di inizio e di fine della prestazione); devono solo indicare un arco temporale di tre giorni consecutivi in cui si svolgerà la prestazione e non la data esatta in cui la stessa sarà eseguita. Ciò al fine di venire incontro alle particolari modalità di svolgimento del lavoro agricolo, ove i tempi della prestazione sono spesso influenzati da fattori indipendenti dalla volontà del committente e del prestatore, e non sono sempre preventivabili con esattezza (condizioni atmosferiche; maturazione del prodotto; cicli vegetali o animali, etc.).
Relativamente alla
categoria di prestatori
, nel settore primario le prestazioni occasionali possono essere rese soltanto da studenti fino a 25 anni d’età, pensionati di vecchiaia o di invalidità, disoccupati e percettori di integrazione al reddito. Deve peraltro trattarsi di soggetti non iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli: non devono cioè aver lavorato in agricoltura l’anno precedente nemmeno presso altra azienda agricola rispetto al committente. Negli altri settori, invece, non esistono limitazioni di categorie soggettive e le prestazioni possono essere rese da chiunque, purché si tratti di soggetti che non abbiano in corso con l’impresa utilizzatrice o abbiano cessato da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa (limitazione, questa, che vale anche per il settore agricolo).
Quanto al
compenso minimo orario
, in agricoltura esso non è fissato direttamente dalla legge (9 euro l’ora) ma attraverso il rinvio all’importo della retribuzione oraria individuata dalla contrattazione collettiva. Al riguardo l’Inps ha precisato che occorre prendere a riferimento la retribuzione oraria prevista nel contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai agricoli e florovivaisti. Si tratta di una scelta che semplifica notevolmente il quadro operativo, in quanto evita di andare a ricercare le retribuzioni definite a livello provinciale dai contratti territoriali di lavoro. Non si comprende, tuttavia, perché la circolare, nell’individuare i compensi minimi orari, abbia preso a riferimento solo il livello retributivo minimo degli operai florovivaisti, e non anche quello degli operai agricoli tradizionali, per i quali il minimo di area è indicato in valori mensili. Naturalmente sui predetti valori retributivi devono essere calcolati gli oneri per previdenza ed assistenza (33% per Inps e 3,5% per Inail, interamente a carico dell’azienda utilizzatrice), che si sommano ai primi.
La circolare 107/17 dell'Inps