Contrattazione

Agricoli, comunicazione più flessibile

di Roberto Caponi

La disciplina del contratto di prestazionale occasionale nel settore agricolo si differenzia da quella prevista per la generalità delle imprese per alcuni aspetti sostanziali: comunicazione preventiva; categorie di prestatori; compenso minimo orario.

Per quanto concerne la comunicazione preventiva , a differenza di quanto previsto per la generalità degli utilizzatori, il committente agricolo deve comunicare preventivamente - oltre al codice fiscale del lavoratore ed al luogo di lavoro - solo la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 3 giorni continuativi (articolo 54, comma 17, lett. d, della legge 96/17 e circolare Inps 197/17, par. 6.5). In altre parole agli agricoltori viene concessa una maggiore flessibilità nella comunicazione preventiva dei tempi della prestazione, in quanto: devono solo comunicare la durata complessiva della prestazione (ad esempio 4 ore) e non anche la sua esatta collocazione temporale (ora di inizio e di fine della prestazione); devono solo indicare un arco temporale di tre giorni consecutivi in cui si svolgerà la prestazione e non la data esatta in cui la stessa sarà eseguita. Ciò al fine di venire incontro alle particolari modalità di svolgimento del lavoro agricolo, ove i tempi della prestazione sono spesso influenzati da fattori indipendenti dalla volontà del committente e del prestatore, e non sono sempre preventivabili con esattezza (condizioni atmosferiche; maturazione del prodotto; cicli vegetali o animali, etc.).

Relativamente alla categoria di prestatori , nel settore primario le prestazioni occasionali possono essere rese soltanto da studenti fino a 25 anni d’età, pensionati di vecchiaia o di invalidità, disoccupati e percettori di integrazione al reddito. Deve peraltro trattarsi di soggetti non iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli: non devono cioè aver lavorato in agricoltura l’anno precedente nemmeno presso altra azienda agricola rispetto al committente. Negli altri settori, invece, non esistono limitazioni di categorie soggettive e le prestazioni possono essere rese da chiunque, purché si tratti di soggetti che non abbiano in corso con l’impresa utilizzatrice o abbiano cessato da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa (limitazione, questa, che vale anche per il settore agricolo).

Quanto al compenso minimo orario , in agricoltura esso non è fissato direttamente dalla legge (9 euro l’ora) ma attraverso il rinvio all’importo della retribuzione oraria individuata dalla contrattazione collettiva. Al riguardo l’Inps ha precisato che occorre prendere a riferimento la retribuzione oraria prevista nel contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai agricoli e florovivaisti. Si tratta di una scelta che semplifica notevolmente il quadro operativo, in quanto evita di andare a ricercare le retribuzioni definite a livello provinciale dai contratti territoriali di lavoro. Non si comprende, tuttavia, perché la circolare, nell’individuare i compensi minimi orari, abbia preso a riferimento solo il livello retributivo minimo degli operai florovivaisti, e non anche quello degli operai agricoli tradizionali, per i quali il minimo di area è indicato in valori mensili. Naturalmente sui predetti valori retributivi devono essere calcolati gli oneri per previdenza ed assistenza (33% per Inps e 3,5% per Inail, interamente a carico dell’azienda utilizzatrice), che si sommano ai primi.

La circolare 107/17 dell'Inps

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