Contrattazione

L’addio ai voucher mette in difficoltà le società di calcio

di Giampiero Falasca e Matteo Prioschi

L’abrogazione dei voucher combinata con le nuove regole sulla sicurezza che porteranno al superamento della tessera del tifoso stanno mettendo in difficoltà le società di calcio, soprattutto quelle più piccole.

Il governo, con il decreto legge 25/2017, nel mese di marzo ha cancellato le norme che consentivano di ricorrere a prestazioni di lavoro occasionali retribuite con i voucher. L’effetto di questa scelta è stato particolarmente dirompente per il calcio, settore nel quale ogni domenica le partite si svolgono anche grazie alla collaborazione di migliaia di persone impiegate come steward per gestire l’ordine pubblico. Persone che, in larga misura, hanno un altro lavoro e che svolgono l’attività negli stadi in maniera saltuaria.

Eliminati i voucher, le società di calcio hanno dovuto individuare una soluzione alternativa, che potrebbe essere quella del contratto di lavoro intermittente, la quale, però, comporta un incremento di adempimenti e di costi per i club (sostanzialmente un raddoppio) e incompatibilità per i lavoratori. Chi ha già un impiego, infatti, si ritroverebbe con due contratti, senza considerare che il lavoro a chiamata non può essere svolto da chi ha un’età compresa tra i 25 e i 55 anni (limite che potrebbe essere rimosso con un decreto ministeriale).

Oltre a ciò, come sottolinea Francesco Ghirelli, segretario generale della Lega Pro, il recente protocollo siglato in materia di sicurezza, che costituisce complessivamente un fatto positivo e che porterà in tre anni al superamento della tessera del tifoso, aumenta ruolo e responsabilità delle società su questo fronte. Di conseguenza è necessario poter contare su steward adeguatamente formati e possibilmente con esperienza. Ma la cancellazione dei voucher rischia di determinare una perdita di professionalità perché i collaboratori che hanno maturato più esperienza potrebbero rimanere fuori dallo stadio, e con i vincoli del lavoro intermittente è più probabile una maggior alternanza di addetti, con conseguenti maggiori costi di formazione e minor continuità e professionalità degli steward.

La situazione diventa ancora più complessa se il voucher viene sostituito con forme di lavoro temporaneo più strutturate, come il lavoro a termine o la somministrazione di personale. Sono strumenti che offrono una buona flessibilità gestionale, ma fanno salire il costo del lavoro in maniera esponenziale rispetto al voucher. E quello dei costi è un elemento importante per le società più piccole. Se quelle più grandi possono comunque contare su bilanci rilevanti (e se proprio in difficoltà forse potrebbero considerare di ridurre gli stipendi dei calciatori), per quelle piccole i margini di azione sono ridotti, tanto più che non si sa ancora a quanto ammonterà la quota del 10% dei diritti televisivi della serie A che sarà riversata a loro. Tra gli addetti ai lavori la preoccupazione è forte.

Considerato che sembra inverosimile pensare a un allargamento del campo di applicazione del contratto occasionale introdotto di recente per sostituire, in parte, il voucher, l’unica strada che resta aperta alle società di calcio per gestire gli steward senza raddoppiare o triplicare i costi sembra quella della prestazione di lavoro autonomo (occasionale oppure no, secondo la durata). L’obiezione rispetto all’utilizzo di tale strumento è che sarebbe poco compatibile con i vincoli imposti allo steward (come affermò anche il ministero del Lavoro in una nota del 2009); tuttavia il lavoratore autonomo chiamato a rendere una prestazione può essere assoggettato alle direttive del committente, a patto che queste siano state preventivamente concordate nel contratto nello spirito di quanto previsto dalla legge 81/2017, che ha ritoccato in tal senso l’articolo 409 del codice di procedura civile.

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