Contrattazione

Lavoro occasionale, il minimo raddoppia

di Giampiero Falasca

Un lavoratore occasionale svolge 4 ore di lavoro ma il datore di lavoro è tenuto a pagarne 8: questo uno dei tanti paradossi che potrebbero essere nascosti tra le pieghe della cervellotica disciplina del contratto di prestazione occasionale, la fattispecie contrattuale introdotta dal decreto legge 50/2017 con l’intento (in gran parte vanificato dagli eccessivi limiti di utilizzo) di colmare il vuoto creatosi dopo l’abrogazione dei voucher.

Il rischio che tale paradosso si verifichi è concreto, se l’Inps confermerà in atti interpretativi formali la risposta a un quesito formulato dall’Ordine dei consulenti del lavoro.

La domanda aveva a oggetto la richiesta di un chiarimento sul trattamento economico del prestatore occasionale nei casi in cui l’attività lavorativa inizi prima della mezzanotte e finisca dopo.

Tale situazione fa sorgere più di un dubbio perché l’articolo 54 bis del Dl 50/2017 fissa, al comma 17, il valore del compenso minimo che deve essere riconosciuto per la prestazione.

Tale compenso, secondo la norma, è liberamente definito dalle parti, ma non può essere di misura inferiore a 9 euro l’ora; inoltre, la prestazione non può mai avere una durata inferiore a 4 ore nell’arco della singola giornata.

La combinazione di questi due elementi (tariffa oraria di 9 euro, durata minima giornaliera di 4 ore) comporta - come chiarito dall’Inps con la circolare 107/2017 - che l’u tilizzatore non potrà mai pagare un corrispettivo inferiore a 36 euro, anche qualora la durata effettiva della prestazione lavorativa giornaliera risultasse, di fatto, inferiore alle 4 ore.

Questa regola produce effetti paradossali se la prestazione si svolge a cavallo di due giorni solari: in tale ipotesi, infatti, c’è il rischio che la durata minima di 4 ore debba essere applicata sia alla prestazione iniziata prima della mezzanotte sia per quella che prosegue dopo tale orario.

L’Inps, nella risposta al quesito formulato dai consulenti del lavoro e da questi pubblicata sul loro sito internet, sembra propendere per questa lettura: le prestazioni da inserire sono due, in quanto le “giornate” sono due, con la conseguenza che la prestazione, anche se dura 4 ore, deve essere pagata come se fossero 8 (quindi, 72 euro).

È auspicabile che l’istituto di previdenza riveda questa interpretazione, che avrebbe delle conseguenze ingiustificate. La finalità della durata minima di 4 ore è quella di non consentire l’utilizzo del contratto occasionale per attività di breve durata; il semplice svolgimento della prestazione cavallo della mezzanotte non può, quindi, costituire il motivo per raddoppiare la durata minima. Anche perché il concetto di “giornata lavorativa” non deve necessariamente coincidere con il giorno di calendario.

Se si analizzano le disposizioni del Dlgs 66/2003, il decreto che detta le regole generali in materia di orario di lavoro, si può facilmente desumere che la “giornata di lavoro” deve essere intesa come arco temporale di 24 ore, non necessariamente coincidenti con il giorno di calendario. Si veda, ad esempio, cosa prevede l’articolo 7 quando individua il diritto al riposo giornaliero come un periodo di 11 ore consecutive di riposo da fruire «ogni ventiquattro ore». In questo modo si potrebbe evitare l’automatico raddoppio del compenso, scollegato dalla reale durata dell’attività.

Va ricordato che la questione interessa esclusivamente la forma occasionale utilizzabile (nel rispetto di alcuni limiti economici molto restrittivi) da professionisti, lavoratori autonomi, imprenditori, associazioni, fondazioni e altri enti di natura privata e amministrazioni pubbliche.

Il tema non riguarda, invece, il libretto di famiglia (l’altra forma di prestazione occasionale introdotta dalla legge, riservata alle famiglie), per il quale non esiste la regola della durata minima di 4 ore.

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