Contrattazione

Comuni, aumenti liberi ai funzionari

di Gianni Trovati

Gli aumenti delle indennità per i funzionari degli enti locali si liberano dai tetti di spesa, e potranno quindi essere assicurati in tutte le amministrazioni senza inciampare in contestazioni. E fra le materie oggetto del «confronto» con i sindacati (da oggi a giovedì si vota per le Rsu in tutto il pubblico impiego), cioè l’etichetta che nei contratti del pubblico impiego rimette in campo la vecchia concertazione, entrano anche i criteri generali per la mobilità fra le sedi di lavoro dell’amministrazione, tema che riguarda i Comuni più grandi oltre a Città metropolitane, Province e Regioni, e le linee di pianificazione delle attività formative.

Ma è ovviamente quella economica la novità più importante fra quelle spuntate nella versione riveduta e corretta dell’ipotesi di contratto per il personale degli enti territoriali, che deve ora andare alla Corte dei conti per l’ultimo esame prima della firma finale.

L’esclusione dai tetti di spesa per gli aumenti delle indennità arriva con la forma della «dichiarazione congiunta». La conseguenza pratica è che gli incrementi da 83,2 euro per l’indennità destinata ai titolari di «posizione organizzativa», cioè per chi pur non essendo dirigente ha incarichi di gestione e responsabilità, potrà essere assicurata in tutti gli enti a prescindere dalle condizioni in cui versa il bilancio. Si supera in questo modo uno degli scogli su cui rischiava di inciampare l’applicazione dei nuovi contratti.

Il problema, come spesso accade, nasce da un incrocio sfortunato fra le tante regole che provano a disciplinare la finanza pubblica. Le indennità di posizione organizzativa, e soprattutto le loro cifre in crescita dal prossimo anno, sono regolate dal contratto nazionale, ma finanziate dai fondi integrativi, quelli con cui ogni ente alimenta le voci aggiuntive della busta paga. Ma questi fondi, come spiega il decreto attuativo della riforma Madia sul pubblico impiego (articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017) non possono superare il livello raggiunto nel 2016 fino a quando non sarà completata la futuribile «armonizzazione» delle buste paga di tutti i dipendenti pubblici. Senza il via libera interpretativo «congiunto» di datori di lavoro e sindacati, sul modello di quanto accade per gli statali, l’aumento delle indennità avrebbe finito per sottrarre risorse alle altre voci finanziate dai fondi integrativi (produttività, turni, disagio e così via) con il rischio di essere bloccati dalla mancanza di risorse nei casi più problematici.

Sempre con l’obiettivo di evitare regole troppo rigide che rischiano di mettere in difficoltà la gestione, con le correzioni al testo cambia il rapporto minimo obbligatorio fra le risorse da dedicare alla retribuzione di posizione e a quella di risultato dei funzionari: a quest’ultima voce, misurata in base alle «performance» dei diretti interessati, dovrà andare almeno il 15% delle somme, mentre nella versione originaria del testo il limite era al 20 per cento.

Resta invece da sciogliere il problema della retroattività «lunga» degli incarichi prevista dal contratto, e contestata da ministero dell’Economia e Funzione pubblica (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Ma sarà la relazione tecnica che accompagna il contratto definitivo a dire l’ultima parola sul punto.

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