Contrattazione

Il ritorno delle causali? Solo caos

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

«Fabbrichiamo prodotti per il settore racing motosport auto e sedili e componenti in carbonio per l’automotive, segmento sportivo di lusso. La prima linea di produzione conosce picchi di attività solitamente nei mesi iniziali dell’anno. La seconda viaggia invece in base a commesse pluriennali. Per queste tipologie di business si rende necessario anche l’utilizzo di lavoratori a termine. Un irrigidimento delle regole rischia di rendere più difficile il ricorso allo strumento e potrebbe portare ad una crescita del contenzioso».

Claudio Pastoris è ad del gruppo Sparco, multinazionale leader nel settore della sicurezza dell’abbigliamento tecnico e dei componenti automobilistici (rifornisce Fca, Lamborghini, Ford, Maserati, Lotus, Bugatti, solo per fare qualche esempio), sedi operative in Piemonte, 350 lavoratori, di cui, ad oggi, 20 a tempo determinato e 15 in somministrazione.

L’annunciata riscrittura del decreto Poletti del 2014, che ha liberalizzato il lavoro a tempo determinato per l’intera durata dei 36 mesi, preoccupa: «Il superamento della causale ha contribuito a dare maggior certezza a imprese e lavoratori - spiega Pastoris -. Le faccio questo esempio. Se oggi assumiamo a tempo una nuova cucitrice, e non ho più esigenza nel reparto abbigliamento per le ragioni dovute alla stagionalità, possiamo continuare a farla lavorare in altri reparti, spostandola in selleria. Una normativa stringente renderebbe più difficile la modifica di mansione e la conferma della risorsa».

Dal Nord Ovest al Nord Est, il passo è breve. Monica Caligaris e Gerardo Caggiano sono Hr Manager, rispettivamente, degli stabilimenti di Luserna San Giovanni e Pinerolo (To), della Freudenberg, una multinazionale tedesca che fornisce guarnizioni e tecnologia di controllo delle vibrazioni, nontessuti, filtri, lubrificanti ed agenti distaccanti. Anche per loro l’ipotesi di ripristinare, per decreto legge, le causali è un errore: «Attenzione a ingessare il mercato, che invece ha bisogno, soprattutto ora, di flessibilità e dinamicità - evidenziano Caligaris e Caggiano -. Prima del 2014 bisognava stare attenti ad indicare bene persino i codici prodotto e gli ordini di lavoro, e il contenzioso era comunque frequente. Noi utilizziamo lavoratori a termine per nuove commesse. Attualmente, nello stabilimento di Luserna, su 497 dipendenti in Italia i colleghi a tempo sono 49. Lo strumento è una sorta di periodo di prova, propedeutico alla stabilizzazione della risorsa. Nel 2017 abbiamo anche firmato un accordo integrativo dove l’azienda si è data la regola “etica” di anticipare già dopo 18 mesi la trasformazione a tempo indeterminato - se ci sono tutte le condizioni - rispetto ai 36 mesi previsti attualmente dalla legge».

Se nella manifattura, che sostanzialmente ha un utilizzo limitato, l’irrigidimento dei contratti a termine è vissuto con timore, nei settori del commercio, turismo e della ristorazione l’impatto potrebbe essere decisamente più forte. «Nel terziario in media l’utilizzo dei contratti a termine si aggira intorno al 12-15% - spiega Guido Lazzarelli, responsabile settore lavoro, contrattazione, relazioni sindacali di Confcommercio - ed è legato principalmente alla stagionalità, ai picchi di vendite in particolari periodi dell’anno, ad eventi straordinari in cui si prevedono elevati flussi turistici. Un ruolo importante è affidato alla contrattazione, non a caso finora si è lasciata la gestione alle parti attraverso i contratti». Nel Ccnl del terziario si consente di derogare rispetto al limite del 20% di contratti temporanei nei territori a prevalente vocazione turistica o per eventi straordinari. Secondo Lazzarelli l’introduzione di nuovi “paletti” sul ricorso ai contratti a termine - come la reintroduzione delle causali e la riduzione delle proroghe - produrrebbe un effetto boomerang, penalizzando aziende e lavoratori. «Le causali hanno dato molto lavoro agli avvocati - aggiunge Lazzarelli - e la loro eliminazione ha avuto un impatto positivo per le imprese, considerando che il contenzioso si é ridotto del 15% sui casi iscritti e del 20% su quelli pendenti».

Sulla stessa lunghezza d’onda Enrico Rossi, direttore del personale della catena di supermercati Il Gigante, con circa 5.500 dipendenti, presente nelle regioni del Centro-Nord: «Utilizziamo i contratti a termine per gestire la flessibilità - spiega - soprattutto in determinate situazioni che presentano margini di incertezza, come quando apriamo un nuovo punto vendita e non sappiamo come andrà. Anche se il contratto a termine è uno strumento costoso, ci ha consentito di non trovarci in situazioni di riduzione di organico. In alcuni momenti dell’anno in alcuni punti di vendita arriviamo anche alla soglia del 20%, in altri stiamo ampiamente al di sotto».

Che impatto ha avuto l’eliminazione delle causali? «In questi anni è sensibilmente calato il contenzioso legato all’interpretazione delle causali - spiega Rossi - è stato eliminato un fattore di incertezza, e i robusti incentivi hanno prodotto stabilizzazioni. La riduzione del numero di proroghe finirebbe per penalizzare i lavoratori, perchè terminate le proroghe, se il datore di lavoro avrà ancora bisogno di ricorrere ad un contratto a tempo determinato, finirà per stipularlo con un’altra persona. Il rischio di una “stretta” è che vengano premiati i più “furbi” che non rispettano le normative».
Le storie

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©