Contrattazione

Causali, la stretta rimane anche per il lavoro stagionale

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

La stretta sui contratti a termine rischia di coinvolgere anche il lavoro stagionale. Nel testo del Dl, licenziato lunedì in tarda serata dal governo, ma che ancora deve essere bollinato dalla Ragioneria, i lavoratori stagionali sono esentati dal cosiddetto “stop and go”, ovvero la pausa tra la stipula di un contratto e quello successivo, così come dal limite massimo della reiterazione del rapporto a 24 mesi, ma non dalla causale per i rinnovi dopo il primo contratto, visto che i novellati articoli 19, comma 1, e 21, comma 1, del Dlgs 81 del 2015, si applicano anche al lavoro stagionale.

Risultato? Che se ad un lavoratore stagionale già occupato a termine da 12 mesi, un’azienda, dopo l’entrata in vigore del decreto estivo, volesse rinnovare il rapporto a tempo determinato, dovrà indicare la causale. «Probabilmente si tratta di una svista - sottolinea Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro all’università «La Sapienza» di Roma -. L’effetto tuttavia sarebbe quello di una vera e propria trappola per imprese. La nuova causale infatti parla di esigenze non programmabili dell’attività imprenditoriale, ma è inapplicabile agli stagionali, che sono, per definizione, lavori programmabili e ripetitivi nel tempo. Considerando che siamo a luglio, si rischia, concretamente, lo stop delle imprese stagionali».

La nuova disciplina ha allarmato tutte le categorie produttive: dall’industria all’agricoltura, al terziario. La Lega sta ragionando su possibili modifiche sul tema delle causali, e ad un periodo transitorio per evitare ricadute negative sui contratti in corso. A sollecitare correttivi nell’iter parlamentare di conversione del Dl è anche Federalberghi per voce del presidente Bernabò Bocca: «Durante la stagione estiva, lavorano nel settore del turismo più di mezzo milione di persone assunte a tempo determinato, da oggi esposte a una grande incertezza», ha dichiarato. Anche il presidente di Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani ha evidenziato come il lavoro a tempo determinato «non possa essere confuso con la cattiva occupazione, perché molte aziende sono (per fortuna) caratterizzate da una fisiologica intensificazione dell’attività che non può essere gestita diversamente». La Fipe calcola che il 20% dei lavoratori è assunto con contratto a termine, oltre 144mila persone, la quota più rilevante nei ristoranti e bar, ma l’incidenza percentuale più alta riguarda l’intrattenimento e i servizi di spiaggia. In allarme anche Confesercenti: sono «633mila i contratti a tempo determinato in scadenza a fine anno che rischiano di non essere rinnovati alla luce delle novità legislative».

Per una norma che va chiarita, ce ne è un’altra che viene “perimetrata” meglio. Si tratta della stretta sugli aiuti di stato per quelle imprese che riducono l’occupazione (entro i 5 anni dal beneficio). Qui, in particolare, si stabilisce che la decadenza dell’incentivo scatti a fronte di riduzione di occupati superiori al 10% e sarà disposta «in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale ed è comunque totale in caso di riduzione superiore al 50 per cento». Da segnalare infine, che sia per questa misura che per la stretta sulle delocalizzazioni, l’ultima versione del Dl ha eliminato la retroattività delle sanzioni.

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