Contrattazione

Per i contratti a termine causali anche sulle proroghe

di Claudio Tucci

Il rincaro dello 0,5%, a carico dei datori di lavoro, scatta dal primo rinnovo di un contratto a termine (sommandosi all’1,4% già oggi previsto) e è poi crescente e senza tetto, applicandosi anche ad agenzie e attività stagionali previste da contratto collettivo (per quest’ultime una “mezza beffa”, essendo obbligate a dare la precedenza nelle assunzioni temporanee). Le imprese non potranno assumere nuovamente a termine i lavoratori che hanno già avuto alle proprie dipendenze per 24 mesi. E ancora: da oggi la causale, dopo i primi 12 mesi di rapporto “liberi”, è obbligatoria in caso di proroghe, e scatta sempre nei rinnovi. Confermata la possibilità per la contrattazione collettiva, «nazionale, territoriale o aziendale», di fissare durate massime più elevate (dei 24 mesi rispetto ai precedenti 36) dei contratti a tempo determinato: i contratti collettivi stipulati prima del 14 luglio (data di entrata in vigore del Dl 87/2018, ndr) tuttavia «mantengono la loro validità» fino a scadenza.

Con un ritardo di oltre tre mesi il ministero del Lavoro, alla scadenza del regime transitorio, pubblica la circolare 17/2018 con le prime indicazioni interpretative sul decreto dignità.

La nota, in 6 pagine, chiarisce che da oggi entra ufficialmente a regime la nuova disciplina che apporta un forte giro di vite su contratti a termine e somministrazione. Le proroghe scendono a massimo quattro, e dopo i 12 mesi è necessario indicare la causale. Quest’ultima prescrizione è interpretata “a maglie strette”: se un contratto di 10 mesi viene prorogato di ulteriori sei, è l’esempio che cita la circolare, bisogna «indicare le esigenze» (vale a dire la causale).

Si irrigidisce poi il passaggio da somministrazione a contratto a termine, in parte forzando quanto previsto dal decreto dignità: per impedire, nei fatti, che a un rapporto di dodici mesi in somministrazione , ne possa seguire un secondo di dodici mesi regolato con un contratto a termine, la nota considera il secondo rapporto come un rinnovo e prescrive l’individuazione della causale. Peraltro, aggiunge Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro all’università «La Sapienza» di Roma, «il criterio di computo del limite dei 24 mesi che da oggi opererà per le Apl costringerà queste ultime a calcolare anche i contratti a termine stipulati prima dell’entrata in vigore del Dl al quale così viene attribuito un sostanziale effetto retroattivo. Ciò determinerà, per le agenzie, un grave problema di rinnovo dei lavoratori da somministrare». Sempre in tema di “interinale”, viene invece confermato il limite del 30% (del numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore), che trova applicazione «per ogni nuova assunzione a termine o in somministrazione avvenuta a partire dal 12 agosto 2018».

Il primo giudizio delle imprese è critico: «La circolare, arrivando l’ultimo giorno del periodo transitorio, appare, quantomeno, tardiva ma, quel che più preoccupa, è che contiene alcune interpretazioni destinate a creare ulteriore incertezza tra gli imprenditori - sottolinea Pierangelo Albini, direttore dell’area Lavoro, welfare, capitale umano di Confindustria -. La circolare interpretativa non fa che evidenziare tutti i limiti della legge. L’equiparazione del contratto a termine alla somministrazione, anzi, è anche più esplicita di quanto non sia nella legge e il sistema di calcolo del contributo addizionale progressivo sui rinnovi dei contratti a termine - che non esclude neppure la stagionalità - pare davvero una penalizzazione esagerata e incomprensibile».

la circolare 17/2018 del ministero

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