Contrattazione

Meccanica, un’azienda su tre non rinnova i contratti a tempo

di Nicoletta Picchio

La produzione che va al rallentatore, con una fase di stagnazione, come emerge dall’andamento congiunturale del terzo trimestre, +0,1 per cento, l’1% in termini tendenziali, dopo dinamiche di poco superiori ai 4,5 punti della prima metà dell’anno. C’è un peggioramento e per i prossimi mesi non si prevede un cambiamento di rotta. Mentre si fanno sentire gli effetti sull’occupazione del decreto dignità: il 30% delle imprese non rinnoverà, alla data di scadenza, i contratti a tempo determinato; un altro 33% deve ancora decidere; il 37% che li trasformerà a tempo indeterminato. Elementi che si aggiungono ad una situazione in cui circa il 50% delle aziende ha difficoltà a trovare manodopera specializzata e il 22% dei diplomati e neo laureati assunti non ha una preparazione adeguata.

È la fotografia che emerge dalla 148° indagine congiunturale di Fedemeccanica, presentata ieri a Roma, per lo scenario nazionale, e sui territori, per sottolineare il peso del settore, l’8% del pil, 1 milione 600mila occupati, 100 mila aziende. «Stiamo vivendo un momento di rallentamento e di incertezza», ha detto il vice presidente della Federazione, Fabio Astori.

Un clima di scarsa fiducia che pesa sulle prospettive future, come emerge dal peggioramento del giudizio sugli ordini rispetto alla precedente indagine. Quanto all’occupazione, il decreto dignità sta pesando in negativo: «le norme non creano occupazione, possono agevolare o meno un percorso di assunzione. La flessibilità può agevolare», ha detto il direttore generale di Federmeccanica, Stefano Franchi, sottolineando che «flessibilità non significa precarietà visto che nel nostro settore il 40% dei contratti a tempo indeterminato sono trasformazioni di contratti flessibili, tra tempo determinato e altro, e il 98% dei contratti sono a tempo indeterminato». Per avere un’occupazione stabile «serve una crescita stabile, che dipende dalla competitività delle imprese, e quindi dal costo del lavoro, investimenti, formazione e istruzione», ha continuato Franchi.

Istruzione e formazione sono temi centrali: c’è uno scollamento tra scuola e imprese e occorre formazione continua per aggiornare le competenze all’evoluzione digitale. La petizione “Più Alteranza, Più formazione” lanciata nei giorni scorsi sui Facebook, Twitter, Linkedin, e sul sito di Federmeccanica, ha raggiunto quasi 20mila firme. Si chiede al governo di mantenere 400 ore di alternanza scuola-lavoro; di garantire strumenti e risorse adeguate; riconoscere il credito di imposta alle imprese per le spese fatte su alternanza e formazione.

«Il quadro complessivo evidenzia l’esigenza di misure concrete di politica industriale, occorre puntare sulle imprese per generare sviluppo», ha detto ancora Astori. Tornando ai dati, che sono stati spiegati dal direttore del Centro studi, Angelo Megaro, indicano che i volumi prodotti sono ancora inferiori del 22% rispetto a prima della recessione del 2008-2009. È ancora presto per parlare di recessione ora, ha detto Megaro, si capirà a inizio 2019. Ma ad ora non ci si aspettano sostanziali modifiche del clima congiunturale, anche se ci dovrebbe essere un parziale recupero dei volumi. Pesano il rallentamento della domanda mondiale, l’andamento della Germania, la contrazione dei consumi delle famiglie e della domanda dei beni di investimento.

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