Contrattazione

I fattori chiave per le promozioni nelle law firm

di Elena Pasquini

«Le persone, a tutti i livelli, costituiscono l’essenza dell’organizzazione e il loro pieno coinvolgimento permette di porre le loro capacità al servizio dell’organizzazione». Tra i fondamenti della norma tecnica di certificazione della qualità ISO 9000: 2000, l’affermazione è calzante per gli studi professionali dove le performance dei singoli costruiscono buona parte del valore complessivo dell’attività.

L’operatività quotidiana dimostra nei fatti come i livelli funzionali non siano compartimenti stagni, quanto inquadramenti gestionali applicati sulla base di caratteristiche specifiche del professionista e della sua capacità di “autonomia”, anche rispetto alla generazione del business necessario per la sostenibilità dell’offerta. Per questo, soprattutto nelle realtà di grandi dimensioni e negli studi internazionali, all’incremento della seniority corrisponde una valutazione più estesa su quelle soft skills - sotto cui si categorizzano le capacità individuali di leadership, organizzazione, team building e generazione di nuove opportunità – capaci di innestare dinamiche e sinergie positive per l’andamento dell’associazione .

Dall’ingresso ai nuovi livelli

Se per entrare in uno studio internazionale o italiano di grandi dimensioni esistono delle caratteristiche “minime” comuni (curriculum degli studi eccellente, inglese fluente, almeno un’esperienza all’estero), «i passaggi fino al livello del counsel seguono delle regole piuttosto definite, al netto di eccezioni – spiega Lorena Urtiti, head hunter specializzata in ambito legale ed executive partner di Talent Tree Consulting –. Dopo l’esame di Stato ci sono delle griglie post qualification non soggette a sensibili variazioni. Le dinamiche possono cambiare in realtà con dimensioni più contenute, dove le retribuzioni sono tendenzialmente inferiori, ma flessibilità, intraprendenza e capacità professionali permettono di accorciare i tempi delle promozioni».

«I primi dieci anni all’interno dello studio – conferma Giuseppe Brambilla, responsabile dell’executive search nel settore tax & legal di Chaberton Partners – seguono quasi degli standard. La differenza maggiore si avverte dopo, quando aumenta la discrezionalità della firm sulle promozioni». Certo è che negli ultimi quindici anni il numero di “ruoli” precedenti alla partnership si è dilatato. «L’esempio principe – spiega Brambilla - è quanto è accaduto nelle “Big Four” (Deloitte, EY, Kpmg e PwC, ndr): per mantenere la retention hanno aggiunto numerose tipologie di posizioni intermedie».

Il ruolo intermedio del counsel

La posizione “cerniera” è allora quella del counsel, in genere «fase intermedia (non necessaria) prima del parternariato», spiega Urtiti. Non sempre è il trampolino di lancio, però: in media ogni anno ci sono momenti di valutazione in cui proprio i soci entrano nel merito delle nomine e può capitare che un avvocato competente e con un proprio portafoglio clienti (caratteristiche essenziali per la promozione) non scatti di livello per una valutazione generale sull’andamento dello studio o per salvaguardare equilibri interni: deve esserci lo “spazio” per un upgrade. Strada parallela per la crescita (anche interna) può essere il passaggio a un’altra insegna. Soprattutto quando, in occasione di un lateral hire, il socio sposta il proprio team e ha margini di contrattazione per gli ingressi di figure junior.

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