Contrattazione

Salario minimo, in Commissione i dubbi di imprese e sindacati

di G.Pog.

Entra nel vivo l’esame in commissione Lavoro del Senato dei due Ddl sul salario minimo orario a firma di Nunzia Catalfo (M5S) e Mauro Laus (Pd). Si dovrebbe andare in Aula il 21 marzo, ma il condizionale è d’obbligo visto che per questa settimana sono in programma le audizioni. «Vogliamo prima ascoltare tutte le parti coinvolte per avere una fotografia ampia della situazione - spiega la presidente della commissione Lavoro, Catalfo -. Vogliamo contrastare il dumping salariale e il fenomeno dei working poor».

La proposta Catalfo si applica ai contratti di lavoro subordinati e parasubordinati, prevedendo un salario minimo di 9 euro all’ora (al lordo degli oneri contributivi e previdenziali), o comunque la garanzia di una retribuzione non inferiore a quella prevista dal Ccnl di settore stipulato dalle associazioni più rappresentative. Per la rappresentatività la proposta Catalfo fa riferimento per i sindacati ai criteri del Testo unico sulla rappresentanza del 2014, per le associazioni datoriali al numero di imprese associate e di dipendenti. Quanto alla proposta Laus, prevede 9 euro all’ora (al netto dei contributi previdenziali e assistenziali). Sarà un decreto ministeriale, previo accordo con le parti sociali più rappresentative, a individuare i contratti a cui estendere la disciplina del salario minimo e le eventuali esclusioni, con sanzioni per il datore che eroga una somma inferiore. La proposta non ha il consenso di tutto il Pd: «come ha detto il segretario Zingaretti decideremo solo dopo le audizioni», spiega Annamaria Parente.

Il punto è che dalle audizioni emerge la freddezza, se non aperta contrarietà, di associazioni datoriali e sindacati. «Va garantito il rispetto delle regole e della giusta retribuzione del lavoro, a prescindere dalla sua fonte di regolazione - ha detto il direttore dell’area lavoro e welfare di Confindustria, Pierangelo Albini -. Il perimetro delle garanzie e delle tutele offerte al lavoratore dal sistema dei Ccnl è ben più esteso del mero trattamento economico minimo». Per Albini con l’introduzione del salario minimo legale «che non tenesse affatto conto di questa importante differenza è elevato il rischio che si determini il fenomeno della “fuga” dal contratto collettivo». Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno da tempo iniziato un percorso per individuare il contratto di riferimento per ogni settore, la «misura della rappresentatività è cruciale». In questa chiave per Confindustria il legislatore «potrebbe ben limitarsi a stabilire il livello di salario minimo orario solo nei settori non regolati da contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative». Cgil, Cisl e Uil chiedono che venga stabilito «il valore legale dei trattamenti economici complessivi previsti dai Ccnl», con la possibilità di «assumere i minimi tabellari dei Ccnl come salario orario minimo per legge». Rete Imprese Italia è «contraria alle proposte di legge di introduzione del salario minimo per legge» perché «colpirebbe la contrattazione collettiva penalizzando i lavoratori». Alleanza delle Cooperative è favorevole a «determinarlo per legge solo nei settori dove non c’è contrattazione sottoscritta da parti più rappresentative».

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