Contrattazione

L’intelligenza artificiale valorizza la formazione

di Mauro Pizzin

È stato previsto che nel 2063 la maggioranza dei lavori sarà fatta dai robot per effetto dell’intelligenza artificiale (Ia), trainata da investimenti sempre più forti. Per capire come prepararsi, Dale Carnegie Training ha presentato due studi - uno sulle soft skill e uno sull’agility delle organizzazioni - presentati al Festival del lavoro di Milano e frutto di un sondaggio condotto online in 11 Paesi, fra cui l’Italia, sentendo oltre 3.500 fra Ceo, manager e collaboratori.

Il 44% degli intervistati ha concordato sul fatto che l’intelligenza artificiale cambierà radicalmente il modo di lavorare nei prossimi 10 anni, mentre per il 23% degli operatori l’intelligenza artificiale e l’automazione stanno già influenzando i loro ruoli.

Un settore in cui l’Ia è destinata a pesare sempre di più è quello delle risorse umane, non senza alcune perplessità degli addetti ai lavori. La ricerca ha dimostrato, ad esempio, che se da un lato i social network o le piattaforme come GlassDoor hanno reso la reputazione delle aziende più trasparente in sede di reclutamento, dall’altro si ritiene che la stretta di mano fisica favorisca ancora le strategie di cooperazione e che se l’introduzione del software di monitoraggio sul posto di lavoro migliora la produttività e la sicurezza, dall’altro lato può anche inviare ai dipendenti il messaggio che l’azienda non si fidi di loro. Come conseguenza, il 64% degli intervistati con il ruolo da direttore in su ha dichiarato di essere moderatamente preoccupato del potenziale impatto dell’Ia sulla cultura dell’azienda.

Secondo il Ceo di Dale Carnegie Italia, Sergio Borra, i doveri di un’azienda in un mondo del lavoro che sempre più integra l’intelligenza artificiale sono quelli di «alimentare fiducia e trasparenza, formare i dipendenti sulle competenze trasversali, abbracciare l’agility e quindi il cambiamento. Perché, ancorché superate nei compiti di routine, le persone continuano a distinguersi nelle attività che richiedono comunicazione, abilità sociali e senso critico».

L’impatto dell’intelligenza artificiale, del resto, sta valicando i confini del settore IT, intervenendo nella produzione, nel marketing, nella finanza, nel management. «Alla paura di perdere il lavoro e alla resistenza a cambiare processi e abitudini - ha spiegato Borra - le aziende devono rispondere lavorando sulla fiducia interna e sulla consapevolezza delle nuove prospettive che l’Ia crea, fra cui la possibilità di dedicarsi ad aspetti sempre più mirati delle singole attività professionali, escludendo quelle routinarie. Allo stesso tempo, le imprese devono essere agili, dotandosi di processi che consentano governance dinamiche, prendendo decisioni e agendo. In questo il welfare gioca un ruolo chiave attraverso la formazione, che prepara tutti i livelli aziendali a collaborare e a gestire i cambiamenti».

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