Contrattazione

L’orario elastico ricompensato anche con più permessi

di Alessandro Rota Porta

Il contratto collettivo nazionale di lavoro degli studi professionali stabilisce la durata normale dell’orario in 40 ore settimanali, distribuite su 5 o 6 giornate: in quest’ultima ipotesi l’attività lavorativa dovrebbe cessare entro le ore 13 del sabato.

In alternativa all’articolazione canonica dell’orario, il Ccnl prevede anche un sistema di flessibilità (articolo 75) che i datori possono utilizzare per gestire le variazioni dell’intensità di attività lavorativa.

Si tratta di uno strumento elastico (una sorta di banca delle ore) che consente di calcolare l’orario normale settimanale di lavoro, come sopra definito, con riferimento alla durata media delle prestazioni rese nel corso di 6 mesi. Secondo la definizione contrattuale, il meccanismo della flessibilità - nel caso di superamento dell’orario normale - comporta una maturazione “maggiorata” dei permessi, oltre ai riposi compensativi che dovranno essere riconosciuti ai lavoratori interessati, in misura pari alle ore di lavoro prestate oltre le 40 settimanali.

Nel dettaglio, i permessi verranno incrementati secondo la seguente progressione: nell’ipotesi di superamento dell’orario di lavoro fino a 44 ore settimanali, si realizza un incremento pari a 30 minuti per ciascuna settimana di sforamento dell’orario normale; oltre le 44 ore settimanali (nel limite massimo di 48) il monte ore di permessi retribuiti è aumentato di un’ ora per ciascuna settimana di superamento dell’orario settimanale contrattuale.

Dal punto di vista retributivo, ai lavoratori coinvolti in questo regime di flessibilità è corrisposta la retribuzione relativa all’orario settimanale contrattuale, sia nei periodi di superamento che in quelli di corrispondente riduzione dell’orario settimanale contrattuale.

Nell’ipotesi di mancato godimento dell’incremento del monte ore annuo dei permessi retribuiti, derivanti dall’applicazione del regime di flessibilità, le stesse ore dovranno essere retribuite con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario e saranno liquidate entro e non oltre il sesto mese successivo a quello corrispondente il termine del programma di flessibilità.

Sul piano operativo, il datore di lavoro che si avvale dell’impianto “flessibile” dell’orario deve darne comunicazione ai lavoratori destinatari, definendo il limite di orario settimanale (da 41 fino a 48 ore settimanali).

È bene precisare come, utilizzando questo regime, il lavoro straordinario scatta dalla prima ora successiva all’orario definito in regime di flessibilità, per ciascuna settimana.

Fermo restando che il calcolo della media dell’orario settimanale può prendere a base un periodo massimo di 6 mesi, la flessibilità dell’orario può essere via via rinnovata. Inoltre, sebbene il Ccnl non lo preveda espressamente, il datore potrebbe anche ricorrere all’articolazione flessibile dell’orario per gestire una fase di contrazione dell’attività lavorativa, per poi compensare le ore di riduzione con successivi periodi di lavoro che superino la durata normale settimanale di 40 ore, sostanzialmente gestendo, in modo inverso, lo stesso meccanismo appena illustrato.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©