Contrattazione

Il tessile perde il 30% di ricavi, serve un contratto straordinario

di Cristina Casadei

Nella galassia dei contratti dell’industria della moda per un rinnovo, quello dell’occhialeria, che sembra in dirittura d’arrivo, con alcune questioni normative da affinare, ce n’è un altro, quello del tessile abbigliamento, che apre il negoziato nel bel mezzo di una crisi che chiede un percorso straordinario. Nei prossimi giorni verrà definito un calendario di incontri tra Sistema Moda Italia e Femca Cisl, Filctem Cgil e Uiltec, ma in questo settore la tornata di rinnovo che si è appena aperta non può trascurare la questione dei numeri. La richiesta di aumento di 115 euro sui minimi che i sindacati hanno avanzato nella loro piattaforma, per gli oltre 400mila addetti interessati, va a sbattere con il quadro che le imprese hanno rappresentato all’apertura delle trattative, sulla base dei dati elaborati dal Centro studi di Confindustria moda: per fine 2020 è attesa una caduta del fatturato complessivo di settore di circa il 30%, che equivale ad una riduzione del volume d’affari di oltre 16 miliardi di euro, tenendo ferma come base i 55 miliardi del 2019. È un calo molto più forte di quello di tutti gli altri settori che trova una sua spiegazione anche nella nostra nuova, per quanto transitoria, quotidianità, fatta di abitudini diverse e di poche occasioni di viaggio, incontri e più in generale vita sociale. Il distanziamento e la chiusura dei negozi hanno avuto un impatto molto forte sull’acquisto di tessili e abbigliamento. Per ben due volte nello stesso anno. Oltre al giro d’affari, un altro dato significativo per comprendere come si sta lavorando nel settore è quello della cassa integrazione. Nel secondo trimestre di quest’anno vi ha fatto ricorso il 98% di imprese, nel terzo circa l’80%, un dato che sembra confermato anche per l’ultimo trimestre. Con numeri di ore diverse da azienda ad azienda, certo, ma comunque molto significativi fanno sapere da Smi.

La prospettiva, poi, nel breve non sembra buona. Anche il 2021, ha detto la delegazione di Smi ai sindacati, si prospetta come un anno di grandissima difficoltà, perché la domanda difficilmente potrà portarsi in poco tempo ai livelli normali e la successione delle stagioni produttive risulta già largamente compromessa. Il presidente Marino Vago ha spiegato che «con l’apertura della piattaforma inizia un percorso complesso per affrontare la gravissima crisi della filiera del tessile abbigliamento, per la quale occorrono soluzioni straordinarie. È indispensabile un piano di interventi specifici a livello istituzionale, per accompagnare la mutazione profonda che caratterizzerà il sistema per i prossimi tre anni». Non si può considerare questo rinnovo al pari di quelli precedenti perché la crisi del tessile non ha altri precedenti a questi livelli. E interessa tutta la filiera.

Tra imprese e sindacati serve così un asse comune, che potrebbe nascere proprio a partire dal rinnovo del contratto di lavoro, scaduto lo scorso marzo. Le imprese, con la scelta di aprire la trattativa, hanno accettato la sfida di condividere i grandi problemi del settore con le organizzazioni sindacali, per definire una piattaforma di proposte comuni, specifiche e concrete, da sottoporre al Governo. «Il settore moda risulta secondo tutte le statistiche di gran lunga il più colpito, tra tutti i settori industriali, dagli effetti della pandemia, al pari di settori non industriali come il turismo e i servizi. Merita perciò un’attenzione e interventi particolari anche da parte di tutte le istituzioni, perché il Paese intero non può permettersi di abbandonare al suo destino il secondo settore manifatturiero italiano, che esporta in tutto il mondo la qualità della vita e dei prodotti del made in Italy», spiegano da Smi. Nei temi negoziali entrano così anche gli aspetti di politica industriale, accanto a quelli normativi, organizzativi, economici e di costo per le imprese.

Che ci sia una situazione eccezionale lo riconoscono anche i sindacati. Marco Falcinelli e Sonia Paoloni, segretario generale e segretaria nazionale della Filctem Cgil, dicono che «questa crisi di settore molto grave rischia di avere effetti drammatici per aziende e lavoratori, ma proprio per questo deve essere governata anche all’interno di questo rinnovo contrattuale. Sarebbe innaturale, a pensarci bene, affrontare questa crisi fuori dal contratto di lavoro». Per i due sindacalisti è l’occasione per «mettere fine a quei problemi atavici che colpiscono il settore come, ad esempio, il dumping contrattuale o la tracciabilità di filiera per la difesa del Made in Italy». Una linea condivisa anche dalla segretaria generale della Femca Cisl, Nora Garofalo: «Con il contratto dobbiamo proseguire nella lotta al dumping contrattuale, un problema diffuso. Con il dumping le aziende si fanno concorrenza sleale utilizzando un differente costo del lavoro, e in questo modo a pagare sono i lavoratori. Dobbiamo invece assicurare il giusto salario, puntare sulla qualità del lavoro nelle filiere e garantire ai lavoratori formazione, tutele, specializzazione, professionalità». Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec condivide la necessità di «giungere insieme ad un epilogo positivo della trattativa in modo collaborativo e non conflittuale», ma richiama l’attenzione sui tempi: «Dovremo farlo entro marzo, prima che scadano i provvedimenti governativi che hanno bloccato i licenziamenti e prolungato gli ammortizzatori sociali a sostegno dei lavoratori. Se esiste uno strumento per affrontare ed uscire dalla crisi è proprio il contratto».

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