Contrattazione

Segretari, il galleggiamento si adegua solo dal 18 dicembre

di Tiziano Grandelli, Mirco Zamberlan

Sull’applicazione del nuovo contratto nazionale ai segretari comunali e provinciali si iniziano a chiarire gli effetti pratici del complicato groviglio delle disposizioni. Appaiono certi i comportamenti da adottarsi in tema di retribuzione di posizione e di galleggiamento.

Per quanto riguarda la prima voce retributiva, l’articolo 107 del contratto collettivo fissa i nuovi importi, ma soprattutto individua la decorrenza, il 1° gennaio 2018. Si può quindi affermare che, da quella data, a tutti i segretari spettano le differenze fra la retribuzione di posizione indicata nel contratto del 17 dicembre 2020 e l’importo prima in godimento, vale a dire quello determinato con il contratto 2000/2001. Così ad un segretario di fascia A per incarichi in enti oltre 250mila abitanti, in Comuni capoluogo di provincia e in amministrazioni provinciali spettano arretrati pari a 756,02 euro all'anno, dal 2018 ad oggi, pari alla differenza fra la retribuzione di posizione in godimento precedentemente (33.143,98 euro annui) e quella del nuovo contratto (33.900 euro annui).

Sul galleggiamento il discorso è più articolato. Da un lato appare certo che la nuova modalità di calcolo, che fa riferimento alla retribuzione di posizione complessiva ed effettiva del segretario invece di quella stabilita dal contratto nazionale 2000/2001, si applica dal 18 dicembre 2020, vale a dire dal giorno successivo quello di sottoscrizione del contratto collettivo, in assenza di diversa previsione dello stesso contratto nazionale.

Ne consegue che fino al 17 dicembre dello scorso anno nulla è variato in tema di quantificazione del galleggiamento. Pertanto si deve supporre che nulla spetta al segretario a questo proposito a titolo di arretrati. Ma se al segretario era riconosciuto il galleggiamento per parificare la sua retribuzione a quella più elevata del dirigente in servizio presso l'ente, non si può ignorare il fatto che lo stesso contratto del 17 dicembre aumenta la retribuzione di posizione dei dirigenti di 409,50 euro annui, a partire dal 1° gennaio 2018. Logica vuole che questo aumento si traduca in un incremento anche del galleggiamento. A questo proposito si segnale che, con l’ipotesi di accordo sottoscritto il 28 gennaio scorso, è stata stabilita una clausola di interpretazione autentica dell’articolo 41, comma 5, del contratto nazionale del 16 maggio 2001, che vede la parificazione della retribuzione di posizione del segretario con quella più elevata del dirigente, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo sia assunto a tempo indeterminato o a tempo determinato.

Dal 18 dicembre i conti cambiano e per quantificare il galleggiamento non si fa più riferimento ai valori della retribuzione di posizione del contratto 2000/2001, ma a quelli attuali. In soldoni vuol dire che viene recuperata quella parte di retribuzione di posizione che era stata conglobata nello stipendio base con decorrenza 31 dicembre 2009, per effetto dell’articolo 5, comma 2, del contratto nazionale del 1° marzo 2011, biennio 2008/2009.

A conti fatti, se si ipotizza un dirigente che ha in godimento una retribuzione di posizione di 45mila euro annui, e lo si confronta con il segretario prima considerato di fascia A in enti oltre i 250mila abitanti, il galleggiamento passa dagli 8.848,02 euro annui ante nuovo contratto agli attuali 11.100 euro. È evidente che se l’applicazione di questo calcolo fosse stata retrodatata al 1° gennaio 2018, la differenza sarebbe spettata al segretario anche per gli anni 2018, 2019 e per quasi tutto il 2020. Ma non è così.

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