Contrattazione

Il confronto risorsa per le regole dei rider

di Giampiero Falasca

Uno dei problemi principali dell’attuale diritto del lavoro è la grande difficoltà di applicare le categorie giuridiche tradizionali di origine novecentesca a un contesto economico produttivo radicalmente cambiato, nel quale la rivoluzione tecnologica e digitale ha reso improvvisamente vecchi e obsoleti i principali strumenti tipici di gestione e tutela del lavoro.

Ogni giorno i metodi e l’organizzazione tradizionale del lavoro subiscono e subiranno cambiamenti importanti, come dimostra l’impatto forte che ha avuto il fenomeno del lavoro tramite piattaforma digitale. C’è una maggiore indipendenza sulla scelta del se e quando lavorare e c’è una dipendenza, tutta nuova e ancora poco compresa, da un potere tecnologico occulto e quasi irrintracciabile, l’algoritmo che distribuisce ordini, turni e possibilità di guadagno.

Nei modelli organizzativi nuovi e sconosciuti della Gig e della sharing economy gli elementi tipici della subordinazione – l’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare – non riescono più a segnare in maniera netta il confine tra autonomia e subordinazione. Le piattaforme digitali in netta maggioranza sono ricorse allo schema del lavoro autonomo, nella versione pura oppure nel modello temperato della collaborazione coordinata e continuativa.

Questo schema è finito ben presto nelle aule di giustizia, per mano di alcuni rider che hanno invocato la riqualificazione del rapporto in senso subordinato. La richiesta ha avuto risposte diverse: nel caso diventato famoso dei rider che collaboravano con l’azienda Foodora, in primo grado il Tribunale di Torino ha escluso che il rapporto fosse qualificabile come lavoro dipendente, la Corte d’appello ha confermato questa lettura riconoscendo la legittimità del ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa, aggiungendo tuttavia alcune conseguenze rilevanti (quale l’applicazione delle regole del lavoro dipendente), e alla fine la Corte di cassazione ha confermato questa interpretazione.

Quando il quadro giurisprudenziale sembrava ormai stabilizzato, è intervenuta una decisione che ha riaperto una discussione che sembrava chiusa, la sentenza 7283/2020 del Tribunale di Palermo, che ha affermato che i rider delle piattaforme di food delivery devono essere qualificati come subordinati, se la loro prestazione viene interamente organizzata dall’algoritmo.

Queste discussioni potrebbero durare all’infinito, perché ciascuna delle sentenze e degli orientamenti ricordati contiene un pezzo di verità, ma non riesce a offrire soluzioni definitive perché pretende di risolvere il tema delle tutele per i nuovi lavoro attraverso schemi vecchi e superati. Anche il legislatore non è stato capace, dopo diversi tentativi, di arrivare a una soluzione della questione e, anzi, con il “decreto rider” ha gettato le basi per un’ulteriore discussione in merito all’accordo collettivo per i fattorini autonomi firmato da Assodelivery e Ugl nello scorso autunno.

Questa situazione di grande incertezza potrebbe essere superata solo dalle relazioni industriali: la contrattazione collettiva, con l’approccio concreto e pragmatico che caratterizza le migliori prassi di questo strumento, dovrebbe scendere in campo per costruire modelli di regolazione del lavoro “economicamente dipendente” capaci di dare tutele e organizzare il lavoro in maniera moderna e coerente con le esigenze di queste nuove attività, senza impantanarsi in discussioni complesse e sterili sulla qualificazione del rapporto.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©