Contrattazione

Bankitalia: 76mila lavori stabili in meno per donne 44mila in più per uomini

di Claudio Tucci

Per alcuni è il crollo degli impieghi a termine, specialmente nel settore dei servizi privati, con in testa commercio e turismo, dove è storicamente maggiore la presenza femminile. Per altri, è la difficoltà, accentuata dallo scorso autunno, di conciliare vita-lavoro, con l’ampio ricorso alle lezioni on line in tutt’Italia ormai da un anno.

Fatto sta che tra gli effetti del Covid-19 sul mercato del lavoro c’è anche quello di un significativo ampliamento del divario occupazionale tra i generi: a fine febbraio infatti i posti occupati da donne sono stati circa 76mila in meno rispetto a un anno prima; quelli occupati da uomini hanno invece segnato 44mila unità in più, allargando, così, la “forbice” (di genere) a -120mila posizioni. Solo il 60% di questo divario (circa 70mila posti) è riconducibile alla composizione settoriale della domanda di impiego; il resto (le rimanenti 50mila posizioni) potrebbero dipendere dalla minore partecipazione delle donne, confermando quindi quello “scotto” maggiore dall’inizio della pandemia subito proprio dalla componente femminile (nonostante congedi retribuiti al 50%, bonus baby sitter, smart working).

I dati sono contenuti nella nota congiunta Bankitalia-ministero del Lavoro, elaborata analizzando le comunicazioni obbligatorie (ultimo aggiornamento 28 febbraio 2021).

Ebbene, il mercato del lavoro vive una fase di stallo. Da inizio pandemia (1° marzo 2020) sono andati in fumo circa 300mila posti (dopo il punto minimo raggiunto a metà giugno, quando si sono registrati -600mila posizioni, c’è stata una lenta ripresa, legata soprattutto alle misure emergenziali messe in campo dal governo, in primis il blocco dei licenziamenti economici).

Il quadro complessivo mostra tuttavia più ombre che luci: l’industria, nel suo insieme, sta resistendo (+70mila posti di lavoro a fine febbraio rispetto a un anno prima); un segno positivo, però, quasi esclusivamente imputabile al settore delle costruzioni, a fronte di un sostanziale ristagno nella manifattura (-6mila posti) e negli altri comparti manifatturieri (produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua). È stato invece molto più ampio il calo registrato nei servizi privati, pari a oltre 110mila posti di lavoro in meno rispetto a un anno prima (-140mila nel solo settore turistico). In sostanza, la crisi ha colpito alcuni settori più di altri. Oltre al turismo, ha chiosato lo studio, il calo dei consumi di alcuni beni, ad esempio l’abbigliamento, ha inciso su tutta la filiera, dalla produzione alla vendita. Al contrario, la filiera alimentare ha mostrato segnali positivi; mentre la forte crescita dell’e-commerce sta trainando il comparto del trasporto merci su strada.

Il lavoro a tempo indeterminato non è ripartito (servono perciò incentivi ad hoc specie per giovani e appunto donne); e quello temporaneo sta crollando: -230mila unità alla fine di febbraio (qui occorre aprire una riflessione sul decreto dignità, per ora solo in parte sterilizzato).

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