Contrattazione

Il contratto a termine scaduto è rinnovabile senza causali e pause

di Aldo Bottini

Dal decreto Sostegni (Dl 41/2021) è arrivata una boccata di ossigeno per le aziende che devono gestire contratti a termine in scadenza o che devono stipularne di nuovi. Si è aperta infatti un’ulteriore possibilità di prorogare i contratti in corso senza sottostare al vincolo della causale introdotto dal decreto Dignità, dal quale le aziende si tengono alla larga, per evitare futuri contenziosi, memori delle esperienze passate.

Deroghe fino al 31 dicembre

La nuova facoltà di proroga acausale “straordinaria” può essere utilizzata fino al 31 dicembre 2021 per un massimo di 12 mesi, fermo restando il limite complessivo di durata (del singolo contratto così come della somma di tutti i contratti tra le stesse parti) di 24 mesi. Un “bonus” che si può spendere una sola volta, ma a partire dall’entrata in vigore del decreto (il 23 marzo 2021), senza tenere conto delle eventuali proroghe acausali già intervenute nel vigore delle precedenti disposizioni (decreto Agosto e legge di Bilancio 2021). Una precisazione importante, in virtù della quale chi ha già usufruito in precedenza di una proroga acausale ha, per così dire, una seconda possibilità. E non importa se si è già superato il numero massimo di quattro proroghe previsto in via ordinaria dalla legge. L’Ispettorato nazionale del lavoro, con una nota del 16 settembre 2020, riferita alla norma precedente (ma identica nella formulazione) del decreto Agosto, ha chiarito che la deroga investe non solo la causale, ma anche il numero massimo di proroghe. Quindi anche «laddove il rapporto sia stato già oggetto di quattro proroghe sarà comunque possibile prorogarne ulteriormente la durata per un periodo massimo di 12 mesi». Allo stesso modo si può ritenere che la proroga “straordinaria” abbia una sua valenza autonoma rispetto alla disciplina generale e quindi si aggiunga a essa, con la conseguenza che risultano irrilevanti e non impeditive del suo utilizzo eventuali proroghe acausali “ordinarie”, in quanto comprese nel termine dei 12 mesi.

La disposizione, oltre che alle proroghe, si applica anche ai rinnovi. E quindi sarà possibile “richiamare” in servizio lavoratori che hanno prestato servizio in azienda in passato, senza dover apporre una causale, come sarebbe necessario sulla base delle regole generali dopo il decreto Dignità.

Non sarà neppure necessario, almeno per una sola volta, rispettare il vincolo dello stop & go, la pausa obbligatoria fra un contratto a termine e il successivo. La già citata nota dell’Ispettorato nazionale del lavoro del 16 settembre 2020, ha chiarito che la deroga riguarda anche il rispetto dei «periodi cuscinetto» tra un contratto e l’altro. La nuova deroga, analogamente a quella precedente, si applica, sia per le proroghe sia per i rinnovi, anche ai contratti a termine stipulati a scopo di somministrazione, come ha confermato una risposta a interpello (n. 2/2021) del ministero del Lavoro.

Ancora, stante l’identica formulazione, non può non valere per la nuova norma quanto osservato dall’Inl nella nota del 16 settembre 2020 rispetto alla norma precedente: il termine del 31 dicembre va riferito esclusivamente alla formalizzazione della proroga o del rinnovo. Quindi la durata del rapporto potrà protrarsi anche nel corso del 2022, fermo naturalmente il limite massimo complessivo di durata dei 24 mesi.

La disciplina per il futuro

La nuova temporanea deroga alla disciplina ordinaria (la quarta in ordine di tempo, dall’inizio della pandemia), certamente indispensabile anche per consentire il mantenimento dell’occupazione (come ha riconosciuto lo stesso ministero del Lavoro nella già citata risposta a interpello 2/2021), non può non indurre una riflessione di carattere generale. Nel corso dell’emergenza pandemica, è risultato sempre più chiaro a tutti che i vincoli ai rapporti a termine introdotti dal decreto Dignità, lungi dall’incrementare le assunzioni a tempo indeterminato, determinano la perdita del lavoro per molti lavoratori arrivati a scadenza, che non possono essere prorogati né successivamente richiamati, a meno di inserire nel contratto improbabili causali, foriere di sicuri futuri contenziosi. Il crollo dei contratti a termine, testimoniato dai dati forniti recentemente dall’Istat (-372mila tra febbraio 2021 e febbraio 2020), sta lì a dimostrarlo. Il buon senso suggerirebbe di eliminare tout court l’obbligo di causale.

Non resta che sperare nella consapevolezza che le eccessive restrizioni al contratto a termine sono in ultima analisi, soprattutto in questa fase, di ostacolo all’occupazione.

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