Contrattazione

Il reddito è d’impresa ma il fisco sia neutro

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Non è ancora sopita l’eco della pronuncia della Cassazione (la 7407/2021) sulla natura del reddito delle Stp, il quale dovrebbe, secondo i giudici, essere verificato caso per caso (se d’impresa o di lavoro autonomo).

Ma non solo: da più parti la pronuncia ha ricevuto inaspettati consensi. Il fatto è che non si comprende dove finisca il consenso e dove inizi l’auspicio. Circa il primo, tecnicamente si fa presto a farlo scemare: non vi è dubbio, infatti, che le norme di legge (articoli 6 e 81 del Tuir) stabiliscano per presunzione assoluta che il reddito delle società di persone e di capitali - e quindi anche delle Stp costituite sotto tale forma - costituisce reddito d’impresa.

Ma sorprende – a dire la verità – anche l’auspicio che, magari attraverso una norma di legge, si pervenga a stabilire che il reddito della Stp risulti determinato con le regole di quello di lavoro autonomo (articolo 54 del Tuir). In proposito, va ricordato che in passato si ebbe già un tentativo legislativo per far sì che il reddito delle Stp costituite sotto forma di società commerciali venisse qualificato come reddito di lavoro autonomo. Accadde nel 2014 con lo schema di decreto legislativo in materia di semplificazioni fiscali, poi confluito nel Dlgs 175/2014.

In quell’occasione la commissione Finanze della Camera evidenziò correttamente che inquadrare il reddito delle Stp tra quelli di lavoro autonomo avrebbe determinato, in particolare per le società di capitali, un “doppio binario” rispetto alla normativa civilistica e contabile, sottolineando, così, che la norma proposta rischiava di risultare una eccessiva complicazione.

Probabilmente i sostenitori del reddito per cassa non considerano, quindi, le implicazioni civilistiche che sono proprie della veste giuridica delle società commerciali, per cui anche delle Stp costituite in tale forma. Peraltro, non è affatto detto che il reddito per cassa risulti sempre più conveniente: molti pensano che, a norma dell’articolo 54 del Tuir, “si tassa solo quello che si incassa”, ma andrebbe ricordato anche l’altro lato della medaglia, e cioè che si deduce solo quello che si paga e che non sono ammessi in deduzione gli accantonamenti (tranne il Tfr).

Quello che andrebbe compreso è che la Stp si presta ottimamente alla crescente necessità di aggregazione e di specializzazione professionale. Ciò determina la creazione di organizzazioni che si avvicinano molto – o che comunque si dovranno avvicinare molto – a quello di talune realtà imprenditoriali. Senza contare che nella compagine sociale della Stp possono entrare a far parte – nei limiti di legge – soggetti che non svolgono attività professionali.

In tutto questo è evidente che un certo tipo di struttura esige anche un’organizzazione contabile e, quindi, fiscale, che non può essere quella di uno studio professionale individuale. Piuttosto è ora che si sblocchino le varie iniziative di legge che stabiliscono la neutralità fiscale delle aggregazioni professionali, così da incentivarle.

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