Contrattazione

Cambia settore ai candidati oltre il 40% dei nuovi lavori

di Cristina Casadei

È stato mentre stavano ricercando esperti per la lavorazione della fibra di carbonio nella motorvalley emiliana che i professionisti di Manpowergroup Italia si sono imbattuti in lavoratori, per lo più donne, le cui specializzazioni stavano per lasciarle fuori dal mercato del lavoro. «Un po’ di tempo fa siamo stati chiamati a fare una valutazione delle competenze di taglio e cucito in un’azienda tessile toscana. Il settore sta attraversando un momento di crisi strutturale e quello che abbiamo cercato di capire è quali delle competenze dei lavoratori fossero trasferibili e dove. A 150 chilometri di distanza, in Emilia-Romagna, nella motor valley, dove sono molto richieste nelle aziende che lavorano la fibra di carbonio». Mettendo da parte la questione territoriale, Riccardo Barberis, amministratore delegato di Manpowergroup in Italia, attraverso questo esempio racconta quanto sia importante «avere la consapevolezza che il modello sta cambiando. Un ingegnere direbbe che siamo in una transizione di fase, noi diciamo che il valore aggiunto del lavoratore, oggi, è nelle sue competenze e nella sua capacità di essere employable, occupabile».

Se il Piano nazionale di ripresa e resilienza sembra andare nella direzione di politiche del lavoro atte a ridurre le disuguaglianze - anche quelle delle competenze -, i dati ci dicono che le transizioni occupazionali, siano esse di carriera o dovute a riorganizzazione, saranno sempre più frequenti. In una ricerca di fine marzo, relativa alla campagna di upskilling e reskilling, svolta in collaborazione con Microsoft, LinkedIn ha stimato che «il 42% dei nuovi lavori in Italia durante l’ultimo anno, è stato occupato da persone provenienti da settori industriali o funzioni diverse da quelle di partenza».

Il mercato del lavoro sta dando segnali di risveglio, nonostante i livelli pre Covid siano lontani e alcune rigidità, come le causali del Decreto dignità e il blocco dei licenziamenti, lo ingessino sia in entrata che in uscita. Gli ultimi dati Excelsior Unioncamere-Anpal, ci dicono però che sono oltre 389mila le assunzioni programmate dalle imprese per maggio e arrivano a sfiorare 1,27 milioni nell’arco del trimestre maggio-luglio, con un ruolo dominante del settore dei servizi, trainato da turismo e ristorazione. Queste richieste si scontrano però con il paradosso italiano del mismatch tra domanda e offerta. «Secondo i dati elaborati dal Centro Studi Confindustria e da Excelsior Unioncamere, le imprese non trovano 318mila posti di lavoro che potrebbero essere dati domani mattina, ma non ci sono le competenze per poterli occupare. Dobbiamo potenziare gli strumenti che consentono di migliorare l’alternanza scuola lavoro, gli Its, le lauree brevi, le lauree Stem e poi centrare meglio le politiche di orientamento, migliorando il rapporto tra mondo della scuola e imprese», dice Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria per il Lavoro e le relazioni industriali.

Barberis osserva che «è una cifra incredibile quella dei posti di lavoro che non si riescono a occupare a causa del mismatch. Questo è un fattore che aggiunge una ulteriore disuguaglianza sociale: ci sono quella territoriale, di genere, generazionale, ma c’è anche quella delle competenze che in larga misura era già presente prima del Covid». Quello che cambia rispetto alla fase prepandemica è che il Covid la fa vedere molto di più perché le aziende stanno decidendo di investire più di prima in digitalizzazione e automazione. «Nel post Covid l’innovazione e le competenze necessarie per supportarla saranno un aspetto ineludibile - continua Barberis -. Se non sanciamo l’innovazione del capitale umano, non riusciremo mai a chiudere il gap degli oltre 300mila lavoratori che non si trovano per specifiche professioni, a cui va aggiunto quasi un milione di occupati in meno rispetto al 2020, come ci dicono i dati Istat». La lettura del territorio e dei distretti diventa fondamentale perché «per risolvere i problemi bisogna fare analisi delle competenze mirate e capire come possiamo trasferirle da un’azienda all’altra, da un settore all’altro - osserva Barberis -. Oggi questo meccanismo di obsolescenza veloce delle competenze è qui per rimanere e le transizioni richiedono risposte più complesse, anche perché saranno molto più frequenti».

Mismatch e transizioni non riguardano però solo i giovani, ma anche chi lavora in aziende che dovranno ristrutturarsi. È qui che si apre un altro capitolo importante e cioè la riforma degli ammortizzatori sociali, «spostando il baricentro della tutela dal singolo posto di lavoro all’occupabilità della persona - dice Stirpe -. Il sistema attuale tutela chi il lavoro ce l’ha, non chi non ce l’ha più. Nella nostra proposta abbiamo previsto che la cassa integrazione ordinaria vada erogata per interruzioni temporanee brevi e reversibili, mentre per la cassa integrazione straordinaria bisogna distinguere i percorsi a seconda della possibile risoluzione o meno delle crisi aziendali. Nei casi in cui il posto non esiste più le crisi vanno gestite non dal Mise ma dal ministero del Lavoro attraverso la cassa straordinaria, la Naspi e lo scivolo verso la ricollocazione ed è qui che dovrebbe partire la cooperazione tra pubblico e privato. Attraverso percorsi di riqualificazione e con il supporto delle agenzie per il lavoro si può avere una possibilità in più. Per le crisi industriali che prevedono una riorganizzazione, si possono invece utilizzare strumenti che hanno interessanti potenzialità come il Fondo nuove competenze e il Contratto di espansione, dove però l’asticella dimensionale va abbassata a 50 dipendenti».

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