Contrattazione

Piattaforme, algoritmi e i cambiamenti del lavoro

di Andrea Goggi

Il preconcetto che esiste e viene alimentato sulle piattaforme che offrono lavoro, spesso temporaneo, è semplicemente fuori dal tempo. Le trasformazioni del mondo del lavoro (che la pandemia ha accelerato) impongono una seria valutazione della questione. Parole sante e assolutamente vere sono venute da Marco Bentivogli che, senza mezzi termini, ha chiarito come non sia l’algoritmo il problema. Anzi. Un algoritmo può essere meritocratico, puntuale, utile, valoriale, in una parola etico. Il punto è che in questi casi non fa notizia. Il titolo sugli schiavi e l’algoritmo tiranno è ben più forte. Riempie dichiarazioni di politica e sindacati ed è un danno proprio per quei lavoratori che si ritiene di voler difendere. Perché la trasformazione è qui, ora, e non sarà questo approccio a fermarla.

Piuttosto val la pena conoscerne le potenzialità per provare a governarla. La componente tecnologica non è mai l’unico elemento determinante di una piattaforma di lavoro. E spesso il modello risponde alle esigenze che il mercato già esprime e governa spesso male o non governa affatto. La digitalizzazione del lavoro flessibile è un’opportunità irripetibile per garantire accessibilità, tracciabilità e tutela.

Certo non tutti gli algoritmi sono uguali, come non lo sono i lavoratori e gli imprenditori.

Nell’esperienza di Founder di un’azienda che ha creato un algoritmo proprietario che coniuga flessibilità del lavoro con sicurezza e tutele per i lavoratori, costruendo rapporti lavorativi diretti e trasparenti, mi sono reso conto che a guidare le scelte ci sono e ci saranno sempre le persone, la serietà del loro approccio, le competenze, la qualità del lavoro. La fame di tutele è legittima, ma non è demonizzando le piattaforme che il problema si risolve. Ritengo legittime anche le richieste di flessibilità che arrivano dal mercato. Le spinte sono attive, il futuro del lavoro è sotto i nostri occhi e voler estremizzare la questione inasprendo le posizioni su fazioni contrapposte non è la strada. Non c’è bisogno di rinunciare alle tutele per avere lavoro flessibile. Lo testimoniano migliaia di persone che di piattaforme e algoritmi beneficiano. Occorre invece trasformare da dentro il sistema, a partire dalla cultura del lavoro, dalle competenze, dal rispetto reciproco e da regole e strumenti adatti ai nostri tempi. Oggi, per quanto riguarda l’utilizzo senza limiti di età per i contratti a chiamata dobbiamo attenerci a un elenco di professioni/mansioni che possono beneficiare di questa tipologia e che sono ritenute “discontinue” dal punto di vista dell’orario lavorativo. L’elenco è contenuto in un “Regio decreto” del 1923 entrato in vigore nel 1924. Siamo nel 2021. Una strada nuova è possibile. Occorre far cadere il pregiudizio che vede l’imprenditore come sfruttatore o il lavoratore flessibile come vittima e le piattaforme braccio armato di tale sfruttamento.

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