Contrattazione

Contratti a termine, più peso alle parti sociali

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Alla ripresa dopo la pausa estiva, una delle principali sfide per le parti sociali sarà quella di individuare con la contrattazione collettiva le causali per rispondere alle esigenze specifiche delle imprese nelle proroghe e rinnovi dei contratti a termine. L’obiettivo è quello di intercettare le opportunità di lavoro offerte da una ripartenza ricca di incertezze, promuovendo la buona flessibilità.

Con la legge di conversione del decreto Sostegni-bis, dal 25 luglio proroghe e rinnovi dei contratti a termine sono possibili non solo con le causali legali del decreto Dignità, ma anche con quelle previste dai contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali) che potranno individuare le “specifiche esigenze”. Inoltre si rimette ai contratti collettivi, in questo caso fino al 30 settembre 2022, l’individuazione delle specifiche esigenze per assumere lavoratori con un contratto a termine di durata minima di 12 mesi e massima di 24. «Il rinvio operato dal legislatore al contratto collettivo è libero e non vincolato - spiega Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro all’Università La Sapienza di Roma-, nel senso che il legislatore non predetermina il contenuto (temporaneo, non ripetitivo, eccezionale) delle esigenze che il contratto collettivo dovrà definire, limitandosi a dire che dovrà essere indicato dal contratto collettivo in modo specifico. Le esigenze, quindi, potranno essere oggettive e riguardare l’azienda e la sua attività, ma anche soggettive e riferirsi a giovani lavoratori di cui, attraverso il contratto a termine si vuole promuovere l’occupazione. Il termine del 30 settembre 2022 ha una funzione contingente, diversamente dalla norma sulle causali collettive destinate precipuamente alle proroghe ed i rinnovi che ha una funzione strutturale modificando il decreto Dignità, senza eliminarlo».

Già all’indomani della conversione in legge del Dl Sostegni-bis c’è stata una prima attuazione di causali collettive nel Ccnl di Invitalia in cui «le parti confermano che il contratto può avere una durata superiore a 12 mesi in presenza di almeno una delle seguenti condizioni: esigenze connesse a incrementi temporanei dell’attività ordinaria; esigenze connesse alla realizzazione di commesse». Confindustria intende affrontare il tema aprendo il confronto con i sindacati dopo la pausa estiva per raggiungere un accordo interconfederale. «È opportuno che la legge lasci spazi alla contrattazione collettiva - commenta Maurizio Stirpe, vicepresidente per il Lavoro e le Relazioni industriali di Confindustria -. È arrivato il momento di superare le rigidità del decreto Dignità. In questa fase è meglio un approccio pragmatico capace di cogliere tutte le opportunità di lavoro che questa fase consente».

Dal territorio arrivano segnali di interesse: «L’intento delle nuove modifiche normative - aggiunge Stefano Passerini, direttore settore Lavoro, Welfare e Capitale umano di Assolombarda - è quello di favorire il consolidarsi di rapporti già avviati o di dare nuove “chances” occupazionali a lavoratori che hanno avuto pregresse esperienze di lavoro con lo stesso datore di lavoro, tenuto conto delle occasioni derivanti dai primi segnali di ripresa del Paese». Anche per Stefano Sancio, responsabile Relazioni sindacali e Capitale umano di Assindustria Venetocentro «è un’opportunità da cogliere, proporremo ai sindacati di confrontarci in prima battuta a livello territoriale, eppoi a livello aziendale con le Rsu. Il tema ci interessa molto perché le causali rigide del decreto Dignità hanno creato molti problemi per somministrazione e contratti a tempo determinato. Alle aziende servono certezze».

La novità interessa il sindacato, spiega il leader della Cisl, Luigi Sbarra: «È una soluzione da noi fortemente voluta per correggere quanto introdotto dal decreto Dignità con una malintesa sovrapposizione tra flessibilità e precarietà. I contratti a termine e di somministrazione non sono contratti precari: hanno una durata predeterminata, per i lavoratori vige la parità di trattamento. Sono regolamentati dalla legge e dalla contrattazione collettiva per durate massime e limiti quantitativi». Per Sbarra «si prospetta una ripresa con molte incertezze», le aziende «hanno ricominciato ad assumere ma non sempre sono in condizione di assumere a tempo indeterminato. Affidando le causali ad accordi collettivi siglati dai sindacati comparativamente più rappresentativi si coniuga flessibilità buona e contrasto agli abusi».

Anche altre datoriali sono interessate: «Certamente apriremo il confronto - spiega Roberto Calugi, direttore generale di Fipe-Confcommercio -. Ogni forma di buona flessibilità è benvenuta se utile a garantire maggiore efficienza e produttività, per favorire un’auspicata ripresa dopo un periodo così difficile. Aver riconosciuto alle parti sociali il ruolo di individuare le diverse causali è corretto e valorizza le competenze settoriali». Milco Traversa, direttore Risorse umane Coop Alleanza 3.0. considera «un utile passo in avanti dare alle parti sociali la possibilità di ritagliare meglio le causali rispetto alle esigenze specifiche. Utilizzeremo questa opportunità nelle trattative per il rinnovo del Ccnl o a livello di integrativo. Il nostro settore è caratterizzato da picchi stagionali in periodi dell’anno diversi a seconda della tipologia del punto vendita».

Vedi il grafico: La corsa dei contratti a termine

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