Contrattazione

Dipendenti pubblici, sta per finire l’era dello smart working

di Gianni Trovati

Il ritorno in ufficio dei dipendenti pubblici potrebbe poggiare su un ribaltamento di prospettiva sancito da un correttivo in via di definizione al decreto Green Pass. In pratica, la presenza fisica sul posto di lavoro tornerebbe a essere la regola e lo Smart Working ridiventerebbe l’eccezione, al contrario di quanto stabilito dalle normative che si sono succedute dal febbraio del 2020 per contrastare le ondate epidemiche.

A stabilire spazio e modalità del nuovo lavoro agile sarebbero i dirigenti degli uffici, in base alle esigenze organizzative di ogni realtà.

Testo e confini dell’emendamento sono in questi giorni allo studio dei tecnici del governo. Ma il tema è delicato anche per le implicazioni politiche. Che incrociano le polemiche crescenti con la minoranza più accesa dei no vax e con le componenti meno inclini al vaccino anche nella maggioranza, oltre alle incognite sull’andamento dei contagi nelle prossime settimane. L’intenzione del ministro per la Pa Renato Brunetta però è chiara. Il titolare di Palazzo Vidoni aveva annunciato la volontà di un ritorno diffuso in presenza già nell’intervista a questo giornale il 1° agosto, e ha ripetuto il concetto a più riprese in diversi incontri. Anche ieri, commentando i dati Istat sul Pil (si veda pagina 2), ha voluto ribadire che «questa crescita potrebbe essere addirittura superiore se si ripristinerà la modalità ordinaria di lavoro in presenza, tanto nel pubblico quanto nel privato».

Il lavoro normativo al momento si sta concentrando sulla Pa, e dovrà ovviamente passare anche da un’interlocuzione con i sindacati. Il superamento della normativa emergenziale costruita durante il Conte-2 era già stato avviato a fine aprile con il decreto proroghe (Dl 56/2021), che aveva cancellato le percentuali minime di Smart Working (50%, salito poi al 60%) da assicurare ai dipendenti impegnati in attività nelle quali la presenza non è imprescindibile. Ma i primi monitoraggi hanno indicato che l’addio alle soglie minime, e la subordinazione del lavoro agile alla condizione che «l’erogazione dei servizi rivolti a cittadini ed imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza», non ha modificato in modo significativo l’organizzazione nelle Pa, che è rimasta dominata dal lavoro a distanza anche in alcuni rami centralissimi dell’amministrazione. Il cambio di paradigma, nelle intenzioni del governo, aiuterebbe a superare una serie di resistenze; riducendo a dimensioni più fisiologiche il lavoro a distanza, che rimarrebbe in campo, nella modalità semplificata (senza preventivo accordo individuale) prevista fino al 31 dicembre, in attesa della regolazione contrattuale nei rinnovi in arrivo (domani ripartono le trattative sulle Funzioni centrali, il 7 sulla sanità).

Cruciale è però il corollario legato al Green Pass. Perché l’idea, rilanciata anche dal ministro della Salute Speranza, è di imporre il certificato verde ai dipendenti pubblici in presenza, come accade nella scuola. La mossa ne implica però un’altra, e cioè la definizione di controlli e sanzioni, che deve affrontare anche il rischio di un’ondata di permessi come quella temuta nelle scuole. Un obbligo di Green Pass per i dipendenti pubblici, che sarebbe generalizzato non potendosi individuare in modo rigido le categorie di addetti allo sportello, solleverebbe un tema di armonizzazione con gli uffici privati, dove le condizioni sono identiche sul piano epidemico. Tutti nodi delicatissimi soprattutto nelle componenti della maggioranza che in Lega ed M5S sono decisamente più fredde sui vaccini.

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