Contrattazione

Terzo settore, retribuzioni non oltre il 40% dei contratti collettivi

di Gabriele Sepio

Test di coerenza con le nuove regole in materia di lavoro per gli enti che si apprestano ad accedere al Registro unico (Runts). Un esercizio che operatori e professionisti potranno svolgere verificando, in particolare, tre parametri che gli enti del terzo settore (Ets) saranno chiamati a rispettare: rapporto numerico volontari/lavoratori; retribuzione non superiore al 40% dei contratti collettivi nazionali, contenimento delle differenze retributive tra i dipendenti all’interno di un parametro che va da uno a otto.

Si tratta di limiti già operativi per organizzazioni di volontariato (Odv) e associazioni di promozione sociale (Aps) e riguardano i soli rapporti di lavoro instaurati dagli Ets dopo l’entrata in vigore del Codice del Terzo settore (ovvero dal 3 agosto 2017). Per le Onlus, invece, sino all’abrogazione del regime fiscale di favore troveranno applicazione i vecchi parametri.

Ma vediamo quali sono le principali novità che la riforma del Terzo settore ha introdotto attraverso il “restyling” della disciplina dell’impiego di lavoratori e volontari negli Ets.

Un primo aspetto di cui si dovrà tener conto riguarda il trattamento economico che potrà essere riconosciuto. L’articolo 8 del Cts, infatti, prevede che i lavoratori subordinati o autonomi non possano ricevere retribuzioni/compensi superiori al 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (articolo 51 Dlgs 81/2015). Un limite questo da rispettare per non cadere in una presunzione di distribuzione indiretta di utili. Attenzione però: la riforma introduce un particolare strumento di flessibilità (articolo 8, comma 3, lettera b) garantendo il superamento di tale limite in ragione della necessità di acquisire specifiche competenze nei settori degli interventi sanitari, della formazione universitaria/post-universitaria e della ricerca scientifica (articolo 5, lettere b), g), e h) del Cts).

Una deroga questa che potrà operare, come precisato dal ministero del Lavoro (nota 2088/2020), per le sole attività di interesse generale individuate dall’articolo 8 del Cts senza possibilità per gli Ets di proporre interpello disapplicativo in relazione ad altri settori di interesse generale (facoltà prevista, invece, in relazione all’analogo limite dettato dalla disciplina fiscale Onlus). Per di più, per poter fruire della deroga, l’Ets nel proprio oggetto sociale non solo dovrà contemplare l’attività di interesse generale menzionata dalla norma, ma dovrà documentare adeguatamente la sussistenza di un nesso funzionale tra il superamento del tetto retributivo e lo svolgimento della specifica attività.

A ciò si aggiunge un ulteriore parametro rappresentato dalla necessità di contenere le differenze retributive tra i dipendenti all’interno di un rapporto uno a otto, calcolato sulla base della Ral. L’articolo 16 del Cts, infatti, sancisce il diritto dei lavoratori a ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi, per evitare uno squilibrio nelle politiche salariali. Limiti che come già precisato sono validi per Odv e Aps mentre le Onlus continuano ad applicare fino al momento dell’abrogazione della relativa disciplina, le disposizioni del Dlgs 460/1997 che prevedono una diversa soglia ai fini della distribuzione indiretta di utili (20%) e non contengono ulteriori vincoli in ordine alle differenze retributive.

Infine, Odv e Aps dovranno tenere a mente un ulteriore criterio. Per tali tipologie di enti, infatti, il Codice prevede un rapporto numerico da rispettare tra lavoratori e volontari all’interno dell’ente.

In particolare, nelle Odv e nelle Aps il numero di lavoratori impiegati nell’attività non potrà essere superiore al 50% dei volontari o, nelle sole Aps, al 5% degli associati. Nelle imprese sociali invece la situazione è invertita, in quanto è ammessa la presenza di volontari ma il loro numero non deve superare quello dei lavoratori.

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