Contrattazione

Lavoro agile volontario, occorre puntare su formazione e risultati

di Adalberto Perulli

Mentre nel settore della Pubblica amministrazione la partita dello smart working sembra ormai avviarsi ad una soluzione condivisa con le parti sociali (si veda la bozza presentata dall’Aran, Sole 24 Ore del 16 settembre), meno chiaro è il destino dell’istituto nel settore privato.

Durante la crisi pandemica, sfociata nella chiusura di tutte le attività non ritenute essenziali, il lavoro agile ha permesso di bilanciare le esigenze di distanziamento sociale con quelle della prosecuzione delle attività produttive. Tuttavia, la legislazione emergenziale ha stravolto la fisionomia dello smart working, attribuendo al datore di lavoro la facoltà di imporre unilateralmente la prestazione da remoto senza la necessità di un accordo con il lavoratore. Inoltre la modalità pratica con cui il lavoro agile è stato adattato alle necessità pandemiche ha avvicinato l’istituto a una specie di telelavoro casalingo, con tutte le conseguenze negative di questo improvvisato adattamento.

Ora che il mondo del lavoro guarda alla ripresa dell’economia e della produzione in una prospettiva di crescita, che fine farà lo smart working? Si tratta di riportare il lavoro negli uffici? O si dovrebbe invece riprogettare il lavoro agile con una riorganizzazione delle risorse umane (metodi di misurazione della produttività e dei risultati raggiunti) e un intervento statale in termini di infrastrutture digitali?

Chi propone di estendere il lavoro agile sottolinea anche la sua funzione in un’ottica di sviluppo sostenibile, che influisce positivamente sull’ambiente riducendo le emissioni provocate dagli spostamenti e i costi ambientali legati alla gestione di enormi ambienti di lavoro, con effetti positivi di inclusione nel mercato del lavoro. Non a caso, dopo una crescita assai elevata nel corso del primo lockdown (da poco più di 1 milione a oltre 6 milioni) la percentuale di lavoratori da remoto si è attestata su livelli decisamente superiori rispetto alla situazione pre-pandemica, sfiorando il 30% della quota dei dipendenti. Ma grandi organizzazioni come Poste, Unicredit, Bnl, Vodafone, Acea, Enel, Regione Emilia Romagna e Regione Lazio prevedono addirittura che almeno il 60% del personale continuerà a lavorare da remoto (da casa o in ambienti di coworking).

Tuttavia, per diffondere il lavoro agile quale elemento non più emergenziale ma strutturale bisogna rivederne le regole giuridiche. Anzitutto bisognerebbe ridefinire gli obiettivi del lavoro agile: non solo competitività e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, ma anche la promozione di cambiamenti organizzativi in senso partecipativo, lo sviluppo di competenze digitali dei lavoratori agili, la propensione a personalizzare l’attività lavorativa in funzione di risultati. Il necessario ritorno alla volontarietà del lavoro agile deve essere accompagnato da una norma sui contenuti dell’accordo individuale, oggi del tutto carente. L’accordo individuale, vero fulcro della disciplina, dovrebbe prevedere, fra l’altro, le modalità di esecuzione della prestazione al di fuori dei locali aziendali, la quantità di attività svolta all’interno e all’esterno dell’impresa, l’attività formativa necessaria per operare in smart working, la certificazione delle competenze, la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche, le modalità di retribuzione che tengano conto della realizzazione di progetti o risultati.

Anche la contrattazione collettiva (su cui la legge in vigore tace del tutto) dovrebbe venire incentivata sia al fine di prevedere eventuali clausole di stabilizzazione, vale a dire di durata minima del lavoro agile (salvo il recesso per giusta causa da parte di entrambi i contraenti), sia per realizzare una disciplina specifica del trattamento economico e normativo, pur nel rispetto delle norme inderogabili. Insomma, si tratta di definire una nuova e più innovativa disciplina giuridica dell’istituto, per delineare non solo il profilo di un generico lavoro “da remoto”, quanto una vero e propria new way of working.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©