Contrattazione

Riders e telelavoro, Bruxelles alla ricerca di tutele maggiori

di Beda Romano

Nel picco della pandemia che ha colpito l’Europa nel 2020, i Paesi membri e le istituzioni comunitarie si sono adoperati per affrontare l’emergenza: finanziare la cassa integrazione, sostenere le aziende in difficoltà, aiutare i più fragili. Oggi stanno facendo i conti con gli effetti di lungo periodo della crisi sanitaria. Sul fronte sociale si tratta di adattare la legislazione a tendenze nate durante la pandemia e che in campo giuridico aprono uno straordinario vaso di pandora. Esperti di diritto del lavoro, funzionari della Commissione, sindacalisti e imprenditori si trovano d’accordo nel notare come due novità provocate dalla crisi sanitaria potrebbero mettere radici: da un lato il lavoro da remoto e dall’altro i cosiddetti rider, ossia i fattorini che in macchina, motorino o bicicletta effettuano consegne a domicilio, spesso di piatti pronti naturalmente, ma non solo, tenuto conto del forte aumento delle vendite su Internet.

«La pandemia ha provocato un cambiamento enorme del modo in cui lavoriamo – nota il commissario al Lavoro e ai diritti sociali Nicolas Schmit –. Molti datori di lavoro hanno toccato con mano i vantaggi di permettere ai loro dipendenti di lavorare a distanza, tanto che un modello ibrido sarà probabilmente adottato da molti. I responsabili politici, i datori di lavoro e le parti sociali devono però lavorare a stretto contatto per garantire che la crescita del lavoro da casa non abbia effetti negativi».

Secondo Eurofound, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro che ha sede a Dublino, il telelavoro sconfina nel 30% dei casi nel tempo libero.

In gennaio, il Parlamento europeo ha quindi chiesto a Bruxelles di proporre misure legislative per garantire il diritto alla disconnessione. Per di più, nascono anche problemi sanitari: Santé Publique France nota che nel 2020 il 10% dei francesi ha denunciato una lombalgia prima inesistente.

Il telelavoro ha implicazioni ancora più vaste. Osserva Agnieszka Piasna, ricercatrice dell’Istituto sindacale europeo qui a Bruxelles: «Il teleworking potrebbe essere visto dalle imprese come un modo per ridurre gli oneri. Poiché nei fatti spezza il legame fisico con uno specifico territorio, alcune aziende potrebbero assumere persone in Paesi dove i costi salariali sono più bassi. Al tempo stesso, potrebbero optare sempre per lo stesso motivo per liberi professionisti piuttosto che lavoratori dipendenti».

Nello stesso modo in cui la digitalizzazione dell’economia ha scombussolato il modo in cui sono state storicamente tassate le aziende, il telelavoro rimette in discussione i tradizionali rapporti di lavoro. Nei due casi, viene a mancare il legame fisico con un Paese specifico che in passato regolava l’imposizione fiscale o la relazione lavorativa. «Più in generale, il rischio è di assistere a un trasferimento di oneri dal datore di lavoro al prestatore di lavoro», spiega ancora la signora Piasna.

L’altro fenomeno che sta mettendo radici è quello dei fattorini o più in generale delle piattaforme internet (da Uber a Deliveroo). Già nel 2018, prima della pandemia, l’11% della popolazione attiva lavorava per queste aziende. Oggi la quota è aumentata, tanto che l’esecutivo comunitario sta preparando una proposta legislativa per dicembre: «È essenziale assicurare la sostenibilità sociale di questo nuovo modo di organizzare il lavoro», sostiene ancora il commissario Schmit.

Tre i temi al centro delle discussioni: il modo in cui classificare i lavoratori; l’uso degli algoritmi; la trasparenza sul posto di lavoro. Sul primo fronte, oggi i fattorini sono tendenzialmente liberi professionisti, senza però avere accesso a una loro base di clienti. Peraltro, come tali godono di una limitata protezione previdenziale e soprattutto non possono agire collettivamente per ottenere migliori condizioni perché verrebbero considerati un cartello. Si tratta quindi di rivedere anche il diritto della concorrenza.

Quanto agli algoritmi, questi stanno sostituendo le scelte dei dirigenti d’impresa. «L’intelligenza artificiale sta modificando il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro», sottolinea l’esperta comunitaria. Tra le altre cose, l’algoritmo sceglierà il fattorino a cui affidare una consegna alla luce della sua affidabilità. Non terrà conto di eventuali giorni di malattia o di vacanza. Quando si assenta, la persona scenderà in fondo alla lista dei fattorini fidati, costringendola a un difficile recupero.

Infine, c’è la questione più ampia della trasparenza nel rapporto di lavoro. Molte delle piattaforme digitali – le quali sostengono di mettere a disposizione un mercato tecnologico, non un servizio – hanno sede legale in Paesi terzi rispetto a quello in cui operano. Vi è il rischio di confusione giuridica tra gli obblighi della società e i diritti degli stipendiati. Queste aziende non guardano con favore a nuove regole in questo campo; al tempo stesso chiedono anche loro maggiore certezza giuridica.

Le parti sociali hanno mostrato di avere posizioni diverse sulle questioni aperte dalla pandemia. Mentre Business Europe nota come le piattaforme digitali e il telelavoro offrano nuove opportunità, la Confederazione sindacale europea insiste per regolamentare il settore. Alla Commissione europea non rimane che proporre misure legislative, sapendo che i Trattati considerano il diritto del lavoro una competenza condivisa con i Paesi membri e che i margini di manovra di Bruxelles sono limitati.

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