Contrattazione

L’occupazione femminile attende politiche di riqualificazione

di Monica D’Ascenzo

La ripresa dell'economia italiana rischia di essere zoppa. A mancare, se non ci saranno interventi decisi che facciano seguito agli obiettivi dichiarati nei mesi scorsi, sarà il contributo femminile all'economia del lavoro. Da un anno a questa parte stiamo leggendo dati che segnalano come l'occupazione femminile sia stata la più colpita dalla pandemia a causa della forte presenza delle donne nel settore dei servizi, che ha sofferto. Un dato che accomuna l'Italia al resto dei Paesi occidentali. L'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) stima che a livello globale sia andato perso il 4,2% dell'occupazione femminile tra 2019 e 2020, contro il 3% dell'occupazione maschile. Dei 444mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, il 70% è donna.

Un'inversione di tendenza, in questo 2021, si è già registrata e i segnali sono incoraggianti. La ripresa dell'occupazione femminile è stata più forte di quella maschile. Le stime ILO mostrano il tasso di occupazione delle donne dovrebbe aumentare del 3,3%, ovvero di 41 milioni di posti di lavoro, rispetto al 2020, mentre l'occupazione maschile dovrebbe crescere del 3%, ovvero 59 milioni. In Italia siamo risaliti al 49,4% dopo aver toccato il 47,6% nel giugno 2020. Siamo in recupero, ma comunque un punto percentuale sotto il massimo dal 2004 del 50,4% raggiunto nel giugno 2019.

Il premier Mario Draghi dal suo insediamento ha sempre posto la parità di genere fra i temi su cui il suo governo intende lavorare e a giugno ha confermato che entro il 2026 saranno investiti «almeno sette miliardi di euro per la promozione dell'uguaglianza di genere», per assicurare parità di condizioni nel mercato del lavoro, colmare il divario di retribuzione di genere e aumentare il numero di donne in posizioni di responsabilità.

Al di là degli interventi specifici, come ad esempio l'aumento dei posti disponibili negli asili nido (ancora fermi al 25%), esistono volani all'occupazione in generale, che rischiano di non essere sfruttati dalle donne. Il 57% delle risorse del Recovery Fund sarà dedicato all'innovazione tecnologica e alla transizione digitale nonché alla transizione ecologica, ambiti in cui l'occupazione femminile presenta tassi bassissimi. Le donne, quindi, rischiano di essere tagliate fuori dai maggiori investimenti che arriveranno in Italia. Diventa allora fondamentale lavorare su una formazione adeguata che vada incontro alle richieste del mercato del lavoro. In Europa restiamo l'ultimo Paese per tasso di occupazione nella fascia di età 25-34, anche dopo la Grecia, e il fatto che siamo sotto la media europea di 10 punti in quanto a laureate non aiuta. Inoltre solo il 18% delle laureate italiane ha scelto materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), che danno maggiori chance di entrare nel mondo del lavoro e di avanzare nella carriera.

Il mercato del lavoro sta recuperando quanto perso nella crisi economica seguita alla pandemia ma, come osserva Credit Suisse nel report appena pubblicato «Women and work», il rischio è che le donne vengano occupate in impieghi a basso livello di qualifica e quindi a bassa retribuzione. Per questo nel report si sottolinea quanto in questo momento storico siano fondamentali «politiche di upskilling e reskilling rivolte alle donne», per consentire loro di cogliere opportunità di lavoro più convenienti. Un'evoluzione di cui si gioverebbe l'intera economia del Paese.

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