Contrattazione

Ripresa da 505 mila assunzioni ma introvabile il 36% dei profili

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

C’è un ostacolo, troppo spesso sottovalutato, che rischia oggi di frenare, e in modo consistente, il rimbalzo economico e del mercato in lavoro in atto in Italia. Si chiama mismatch, vale a dire la difficoltà delle imprese a reperire i profili richiesti, per competenze in gran parte inadeguate all’uscita dalla scuola, o per l’assenza di candidati. Nel bollettino Excelsior, pubblicato ieri da Unioncamere e Anpal, emerge come a ottobre siano previste dalle imprese 505mila assunzioni, ben 114mila in più (+29,1%) rispetto allo stesso periodo 2019 (pre Covid), anche se in leggero calo (-4,1%) su settembre 2021. Tra ottobre e dicembre le aziende hanno in programma di attivare quasi 1,4 milioni di contratti, +28,8% nel confronto con l’analogo trimestre 2019. Ma a pesare su questa ripartenza è il mismatch tra domanda e offerta di lavoro che si è attestato al 36%, 3 punti in più sullo stesso periodo 2020 (33%), addirittura 5 in più rispetto al 2019 (31%).

Parliamo di un esercito di oltre un terzo delle assunzioni programmate dal mondo produttivo; e il fenomeno, ormai, interessa sia le professioni ad elevata specializzazione tecnico-professionale sia gli operai qualificati. Certo, si sente anche il calo demografico dovuto al crollo delle nascite, che porta con sé l’effetto di avere sempre meno studenti tra i banchi: da qui al 2036 il Pnrr stima infatti che in classe avremo 1,1 milioni di alunni in meno. Ma alla base di un così alto mismatch c’è soprattutto un inefficiente orientamento professionale, che si traduce nella mancanza di candidati per determinati profili e con specifiche esperienze di lavoro. Insomma, i primi segnali positivi da parte della manifattura (131mila entrate previste a ottobre, 326mila da ottobre a dicembre), nonostante le tensioni sul mercato dell’energia e delle materie prime, rischiano di subire una battuta d’arresto per via del mismatch.

Nella tabella che pubblichiamo qui in pagina emerge il fenomeno con tutta la sua drammaticità. Il mismatch sale al 51,5% per gli operai specializzati, al 41,8% per le professioni tecniche e al 40,2% per quelle intellettuali e scientifiche. A segnalare le maggiori difficoltà nel reperire capitale umano sono le imprese metallurgiche e dei prodotti in metallo, si sale al 64,1% per il recruitment di fabbri ferrai, costruttori di utensili e assimilati e al 61,9% per i fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori carpenteria. Elevato anche il mismatch segnalato dalle imprese delle costruzioni, soprattutto per artigiani e operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (61,5%), e dalle imprese dei servizi informatici e delle comunicazioni, per cui le maggiori difficoltà si incontrano per specialisti in scienze matematiche, informatiche (61,7%) e per tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni (54,3%). Coerentemente con le figure professionali, le aree aziendali con il più elevato mismatch risultano essere i sistemi informativi (57,6%), progettazione e ricerca (51,0%), installazione e manutenzione (52,3%).

Per quanto riguarda i titoli di studio, risultano “introvabili” i laureati in ingegneria industriale, e quelli in elettronica e dell’informazione (58,0% e 52,8% rispettivamente le difficoltà segnalate), i candidati con una istruzione tecnica superiore (più di un diplomato Its su due, 52,6%, non si trova sul mercato) o con una formazione tecnica professionale (49,4%). Fra gli indirizzi di più difficile reperimento le imprese segnalano i diplomati in indirizzo elettrico (57,2%), indirizzo edile (54,8%) e indirizzo meccanico (53,1%). Guarda caso tutti indirizzi legati alla nostra industria.

«Migliorare l’orientamento al lavoro, come confermano anche questi dati, rappresenta un nodo strategico ed un’esigenza fondamentale per il mercato italiano - ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete -. Vediamo che mancano in particolare i profili tecnico-professionali e soprattutto sono troppo pochi i diplomati degli Its che devono essere potenziati in quanto esiste una domanda crescente di queste figure professionali. Sull’orientamento le Camere di commercio possono dare un contributo importante alla soluzione del problema».

Il danno oltre a essere per tutti i settori manifatturieri (ma anche per buona fetta del terziario) è anche per i giovani. Circa il 30% dei contratti previsti dalle imprese è rivolto infatti a ragazzi con meno di 29 anni specie per tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione, specialisti in scienze informatiche, fisiche e chimiche e tecnici amministrativi, finanziari e della gestione della produzione. Eppure, anche qui, la difficoltà di reperimento per i giovani, a ottobre, è al 38%. Un altro paradosso, in un Paese che primeggia per Neet (25,5% nel 2020, contro il 24,4% del 2019) e con un tasso di disoccupazione giovanile vicino al 30%.

«La fotografia scattata da Excelsior è chiara e drammatica - ha chiosato il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Gianni Brugnoli -. Si confermano, purtroppo, gli allarmi che Confindustria lancia da tempo. Discipline Stem e filiera tecnico-professionale vanno subito rilanciate, anche con un forte orientamento. La riforma dell’istruzione tecnica è urgentissima, e deve puntare su aule e laboratori innovativi e su una nuova didattica, legata a imprese e territori. Senza un rapido cambio di passo, l’Italia, i giovani e le nostre imprese pagheranno un conto salatissimo».

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