Contrattazione

Domanda e offerta di lavoro, mismatch ai livelli massimi

di Giorgio Pogliotti

Continua ad attestarsi su livelli molto alti il mismtach tra domanda e offerta di lavoro. Il tasso dei posti vacanti, ovvero l’indicatore relativo ai posti retribuiti per cui i datori di lavoro sono alla ricerca di candidature non avendo trovato i profili appropriati, nel terzo trimestre ha raggiunto il picco dal 2016 (inizio delle serie storiche Istat): il disallineamento si fa sentire soprattutto per industria e costruzioni.

Secondo l’Istat tra luglio e settembre 2021, il tasso di posti vacanti destagionalizzato è stato pari all’1,8%, su questo valore troviamo le imprese dei servizi, mentre per quelle dell’industria ha raggiunto l’1,9%. Il confronto con il trimestre precedente segnala un incremento nell’industria (+ 0,3 punti percentuali) e un decremento nei servizi (-0,2 punti percentuali). Quanto alle imprese con almeno 10 dipendenti, nel terzo trimestre il tasso di posti vacanti è pari all’1,4%, per effetto di un incremento simile nei comparti dell’industria e dei servizi (+0,1 punti percentuali). Dall’Istat, dunque, arriva un’ennesima conferma di un fenomeno rilevato dalla stessa Commissione europea, oltreché dai principali istituti di ricerca e dalle banche dati, a partire dal sistema Excelsior: il mercato del lavoro ha ripreso a girare, in parallelo all’andamento del Pil, ma le imprese faticano a trovare i profili giusti, soprattutto nei settori in cui la domanda è maggiore (si pensi al settore delle costruzioni spinto dai bonus edilizi). «Il totale è stabile rispetto al secondo trimestre - commenta Andrea Garnero economista Ocse-, la media nasconde un leggero calo nei servizi, un leggero aumento nell’industria e un significativo aumento nelle costruzioni. Sono soprattutto le piccole imprese ad aver difficoltà a trovare manodopera».

Sempre in tema di ripartenza, l’Inapp conferma che nel primo semestre del 2021 l’occupazione è ripartita ma è sempre più “part time” il più delle volte “involontario”, non richiesto dai lavoratori. A giugno sui 3.322.634 contratti complessivamente attivati (di cui 2.006.617 a uomini e 1.316.017 a donne), oltre un milione e 187 (il 35,7%) sono part time. Quasi la metà (il 49,6%) delle nuove assunzioni di donne è a tempo parziale, contro il 26,6% degli uomini. Il 42% dei nuovi contratti di donne associa al regime orario a tempo parziale anche una forma contrattuale a termine o discontinua, contro il 22% degli uomini. L’essere under 30 e vivere al Sud rappresenta una condizione di svantaggio ulteriore.

«La ripresa dell’occupazione in Italia rischia di non essere strutturale perché sta puntando troppo sulla riduzione dei costi tramite la riduzione delle ore lavorate – spiega Sebastiano Fadda, presidente di Inapp -. Il Pnrr deve essere invece l’occasione per spingere sulla creazione di lavoro stabile, perché senza la prospettiva di una graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro si rischia di avere effetti negativi sulla produttività e sulla competitività».

Il divario di genere è confermato anche dal dato complessivo di assunzioni tra uomini e donne: il 39,6% delle nuove attivazioni ha riguardato le donne, con l’aggravante peraltro di avere anche «un’incidenza del part time molto più consistente». Il gap si riscontra in tutte le tipologie contrattuali. Sul totale dei nuovi contratti a donne, sono a part time il 54,5% nel tempo indeterminato, il 63,7% nel tempo determinato, il 44,5% in apprendistato, il 45,9 % in lavoro stagionale e il 42,4% % in somministrazione.

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