Contrattazione

Il Governo apre il dossier cuneo: dote da almeno 4-5 miliardi

di Marco Rogari e Claudio Tucci

Si annuncia un’estate intensa per il governo. E non solo sul versante politico per l’avvicinarsi della fine della legislatura. Le ricadute del conflitto russo-ucraino, ancora in gran parte da decifrare nella loro reale entità, la crisi energetica, la corsa inarrestabile dell’inflazione e l’approssimarsi della manovra autunnale inducono l’esecutivo a prendere in considerazione nuovi dossier che si vanno ad aggiungere a quelli già sul tavolo da settimane. E tra le “new entry” è ora rispuntato anche quello sul taglio del cuneo fiscale-contributivo, che aveva fatto una rapida apparizione prima della presentazione del Def.

Una strada che in molti nella maggioranza e nello stesso esecutivo cominciano a considerare non più rinviabile anche per la necessità di puntellare i salari e, allo stesso tempo, sostenere la competitività delle aziende e la crescita per evitare di sconfinare nella recessione. Che, come ha detto il ministro dell’Economia, Daniele Franco, nei giorni scorsi, è per il governo un rischio assolutamente da scongiurare.

E le parole pronunciate dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, in un’intervista a “la Repubblica” sembrano confermare questa intenzione, e rappresentano, nei fatti, la prima, vera, apertura dell’ala più a sinistra dell’esecutivo all’incalzante pressing del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, sulla necessità di un intervento choc sul cuneo, e di natura strutturale.

L’obiettivo dell’esecutivo è quello di inserire una misura dalla fisionomia “strutturale” nella prossima legge di bilancio, anche se non manca chi spinge per far scattare una sorta di “mini-antipasto” con il nuovo decreto Aiuti che potrebbe vedere la luce a luglio (e che dovrebbe contenere anche un mini pacchetto lavoro).

La questione sarebbe già stata al centro di alcune valutazioni politiche in attesa di conoscere l’esito della indispensabile “istruttoria tecnica”, necessaria per conoscere la dote potenzialmente utilizzabile e calibrare le opzioni sulle varie platee per poi operare l’eventuale scelta finale. Naturalmente dai ministeri in via ufficiale non circola alcuna cifra. Ma in sede tecnica si sarebbe già fatto riferimento a un possibile intervento da 4-5 miliardi considerando i ridotti spazi di finanza pubblica disponibili e la scarsa propensione di via XX settembre a ricorrere a un nuovo scostamento di bilancio.

Il ragionamento degli esperti del governo passa dalla constatazione che l’attuale mini-intervento (taglio dei contributi di 0,8 punti con retribuzioni fino a 35mila euro), valido per il solo 2022, previsto dalla scorsa manovra, non ha sostanzialmente inciso sulle buste paga (considerata anche la revisione degli scaglioni Irpef parliamo di importi molto modesti, e che, paradossalmente, hanno finito per premiare i redditi medio-alti). Di qui l’idea di concentrare i 4-5 miliardi al momento a disposizione sulle fasce di reddito più basse di 35mila euro: alcune ipotesi di intervento fisserebbero l’asticella a 15-20mila euro per far rendere tangibile l’intervento. Si tratterebbe di una prima risposta alla proposta di Confindustria, che è più articolata, chiedendo uno investimento di 16 miliardi che porterebbe in tasca ai lavoratori sotto i 35mila euro fino a 1.223 euro in più vale a dire (per chi ha un reddito di 35mila euro) una mensilità aggiuntiva per tutta la vita lavorativa.

Il campanello d’allarme, all’interno di maggioranza e governo, sulla necessità di un intervento sul costo del lavoro è suonato dopo gli ultimi dati Ocse: nel 2021 il cuneo fiscale-contributivo italiano ha toccato quota 46,5% (aggiungendo anche contributi e Tfr sfiora il 50%, secondo solo al Belgio - se si considera la massa salariale il cuneo reale nel privato è addirittura del 60%); dopo il via libera delle parti sociali, e dopo i ripetuti appelli di commissione Ue, Fmi, Bankitalia, solo per citare gli ultimi in ordine di tempo (a cui ormai non si può non dar seguito).

I dettagli e le risorse finali a disposizione per l’intervento sul cuneo dipenderanno anche dall’evoluzione dello scenario internazionale, con i conseguenti effetti sul Pil (secondo l’ultimo report Istat si prevede una crescita del 2,8% quest’anno, e dell’1,9% nel 2023, anche se con un’andatura meno sostenuta di quella del 2021), e dei nuovi sostegni da garantire già nelle prossime settimane a settori produttivi e lavoratori, possibilmente con una modalità più marcatamente selettiva.

Ma la volontà prevalente nel governo (su input del premier, Mario Draghi) e nelle forze di maggioranza, a partire dal Pd ma anche nella Lega e in Forza Italia, sembra essere quella di non rinunciare a una misura strutturale di riduzione del cuneo fiscale-contributivo, ormai considerata più che opportuna e alla quale sarebbe necessario garantire una corsia preferenziale anche rispetto ad altri dossier “caldi” sul tavolo, come ad esempio quello sul salario minimo (su cui invece rimangono le distanze).

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